L'INCHIESTAUDINE Si concentra sull'erogazione effettiva del bonus-spese mensile in pieno lock-down e non sulla previsione di legge che lo contempla l'inchiesta avviata dalla...
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UDINE Si concentra sull'erogazione effettiva del bonus-spese mensile in pieno lock-down e non sulla previsione di legge che lo contempla l'inchiesta avviata dalla Procura regionale della Corte dei conti sui soldi che i consiglieri regionali hanno percepito anche quando sostenere spese per la propria attività risultava difficile, stante l'obbligo di non uscire di casa se non per fare rapidamente la spesa alimentare e pochissimo altro. La procuratrice Tiziana Spedicato spiega al Gazzettino che l'esito dell'indagine non potrà intervenire prima di qualche mese e per ora non fornisce ulteriori dettagli sugli accertamenti in corso. Tuttavia alcuni punti vanno in effetti chiariti.
I PUNTI
Innanzitutto sembrerebbe non rilevare sul piano giuridico la circostanza, manifestata da diversi consiglieri, che le somme ricevute siano state in tutto o in parte devolute a finalità benefiche. Il cuore della questione sta piuttosto nella legittimità o meno di percepire dai 2.500 ai 3.500 al mese per spese difficilmente sostenute in periodo di clausura stretta dettata dal Covid 19. E' inoltre evidente che la categoria dei diretti interessati, i consiglieri regionali, si difenda piuttosto compattamente (con qualche eccezione dai banchi della minoranza) proclamando che si tratta della previsione di una legge. Ma la legge invocata riguarda un rimborso in misura fissa per le spese sostenute. Il fatto è che ancora sotto la presidenza Serracchiani, dopo la tempesta giudiziaria suscitata dalle indagini, contabili e penali, sui rimborsi ottenuti per spese considerate illegittime, la Regione decise di tagliare la testa al toro, o meglio alla possibilità di indagare da parte della Corte dei conti e della stessa giustizia ordinaria: la norma in vigore, infatti, diversamente dalle regole del passato non impone più alcuna rendicontazione delle spese. In altre parole, ci si affida all'onestà personale dei consiglieri regionali. Un ipotetico mariuolo, peraltro, potrebbe benissimo spendere quei soldi (che come si è visto non sono affatto spiccioli) in beni voluttuari o cose simili e non per esercitare il mandato ricevuto nelle urne dai cittadini. In altri termini, oggi è tecnicamente possibile spendere i soldi dei cittadini per finalità personali senza correre alcun rischio giudiziario poiché non è dato sapere come si spendano tali denari. Per converso negli anni passati si sono avute condanne non leggere per spese private sostenute con denari pubblici, senza contare il clamore mediatico a suo tempo sollevato sui casi emersi, circostanza in sé drammatica ai fini del consenso perseguito da un esponente politico. Non sono mancati e non mancano tuttora coloro che chiedono la reintroduzione dell'obbligo di rendicontazione, tuttavia tale auspicio può correlarsi in termini conflittuali con interessi economici diretti dei singoli. E del resto per ora non affiorano qualificate intenzioni in tal senso che trovino in Consiglio i numeri per sostenere una speranza di approvazione.
LA COMPETENZA
In ogni caso la vicenda dei bonus erogati sotto lock-down assume aspetti particolari sui quali la giurisdizione della Corte non appare manifestamente esclusa, proprio perché la questione verte sul diritto di fruizione piuttosto che sulla legittimità dell'istituto. E la dichiarazione di aver devoluto in finalità benefiche il bonus, in fin dei conti, non soltanto non dovrebbe esimere dalle indagini, ma anzi paradossalmente - potrebbe dimostrare in forma indiretta che quei soldi non siano stati spesi per finalità istituzionali. Ma attenzione: se la Regione ha erogato i soldi nei conti dei consiglieri anche sotto lock-down, costoro non hanno avuto parte attiva nell'erogazione medesima ed è pertanto difficile sostenerne forme di responsabilità personale. Pare piuttosto evidente ad occhio pur profano che spettasse a chi ha pagato valutare l'opportunità (o la legittimità) dei pagamenti. Occorrerà in ogni caso attendere, ricordando che la responsabilità per danno erariale può sostanziarsi soltanto in presenza di condotte dolose o gravemente colpevoli. Ed è chiaro fin d'ora che a un'eventuale citazione a giudizio davanti alla Corte dei conti le difese risponderebbero sollevando un vizio per difetto di giurisdizione della magistratura contabile, con relative battaglie legali. Ma sarebbe un'arma a potenziale doppio taglio: un giudice di merito chiamato a valutare la situazione potrebbe, infatti, sollevare la questione di legittimità costituzionale. E allora a finire sotto la lente sarebbe la norma di legge regionale stessa, che soltanto la Corte costituzionale è legittimata a modificare o annullare.
Maurizio Bait
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino