L'esecutivo: siamo più stabili disinnescata la mina-Matteo

L'esecutivo: siamo più stabili disinnescata la mina-Matteo
IL RETROSCENAROMA Giuseppe Conte ha saputo «dell'ottima notizia» mentre stava decollando da Algeri. E in un giro di telefonate ha festeggiato assieme a Dario Franceschini,...

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IL RETROSCENA
ROMA Giuseppe Conte ha saputo «dell'ottima notizia» mentre stava decollando da Algeri. E in un giro di telefonate ha festeggiato assieme a Dario Franceschini, Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio la sentenza della Consulta che ha bocciato il referendum di Matteo Salvini a favore del sistema maggioritario. «Abbiamo scampato un pericolo, il governo ne esce stabilizzato e ora ha una prospettiva più ampia per andare avanti», è stato convenuto. Con una certezza: «Adesso sarà più facile approvare la legge proporzionale, la riforma elettorale è più vicina».

Di certo, il referendum per la maggioranza era una «mina pronta ad esplodere». 5Stelle, Pd, Italia Viva e Leu erano decisi a disinnescarla approvando in tutta fretta la legge proporzionale con sbarramento al 5% appena incardinata alla Camera. «Ma è pur vero», dice un ministro dem di rango, «che comunque la campagna referendaria avrebbe offerto a Salvini un nuovo e vasto palcoscenico. Nei prossimi mesi, mentre noi arrancavamo in Parlamento nell'approvazione della riforma elettorale, il capo leghista avrebbe arringato le piazze sostenendo che stavamo impedendo di dare la parola al popolo, che facevamo un imbroglio per restare attaccati alle poltrone. Tutto falso. Ma Salvini sa comunicare molto bene e questa battaglia gli avrebbe portato ulteriori consensi. Un bel guaio, insomma. Invece, ora, il quadro cambia radicalmente. E chissà cosa sarà del capo leghista tra tre anni...». Tant'è, che anche il commissario europeo Paolo Gentiloni, che proporzionalista non è, mette a verbale: «La sentenza della Consulta è una buona notizia anche per chi non ama il proporzionale...».
Il prossimo passo, dopo la sentenza della Consulta, per la maggioranza rosso-gialla sarà, appunto, varare una legge proporzionale, il Germanicum. Con due intenti. Il primo: «Sventare il pericolo dell'uomo solo al comando, dell'uomo che chiede pieni poteri», come dice un altro ministro dem. Il proporzionale, infatti, per forza di cose obbligherà Salvini a cercare alleati. In primis Giorgia Meloni. La controprova arriva da un sondaggio di Youtrend: la Lega, in base ai dati attuali, avrebbe il maggior numero di parlamentari, ma insufficienti per governare da sola. Indispensabile sarebbe il soccorso di Fratelli d'Italia e di Forza Italia. «E Salvini annacquato è decisamente meno pericoloso, noi lo sappiamo bene», dice un ministro grillino che ha fatto parte anche del Conte 1.
Il secondo intento dei rosso-gialli è tentare di garantire un futuro alla coalizione di governo. Il sistema proporzionale permette infatti a Zingaretti di non perdere le speranze di creare un «fronte progressista largo». Traduzione: un patto post-elettorale con i 5Stelle. Finora, a parte l'eccezione delle elezioni in Umbria, i grillini hanno sempre rifiutato alleanze pre-voto. E continueranno a farlo perché, come ha detto e ripetuto Di Maio, «è nel nostro Dna andare da soli». Ma nulla vieta e vieterà ai grillini, o alla fantomatica lista Conte, di stringere patti di governo nel day after elettorale. E' già accaduto prima con la Lega, poi con il Pd, Leu e Italia Viva.
Insomma, il Germanicum è la chiave per «mitigare la pericolosità di Salvini», per dirla con Franceschini. Non a caso qualche istante dopo la sentenza della Consulta, è scattato il coro 5Stelle a favore del proporzionale. A intonarlo è stato proprio Di Maio: «Così tutti i cittadini saranno effettivamente rappresentati».
«TEMPI LUNGHI»

Da capire ora i tempi. Come dice il capogruppo di Leu, Federico Fornaro, «bisognerà andare avanti con i tempi necessari, per un confronto vero». Senza fretta, insomma, adesso che è evaporata la minaccia referendaria di marca leghista. Fornaro auspica anche «una legge condivisa». Ma è difficile. Il leghista Roberto Calderoli nei vertici riservati non ha chiuso la porta al Germanicum, ma la Meloni preferirebbe tenersi il Rosatellum con la sua quota di maggioritario. E pure Salvini che però ambirebbe al Mattarelum. Dunque è facile prevedere che il cammino della riforma elettorale sarà fatto di scontri. E anche di molti trabocchetti, visti i voti segreti. L'epilogo, per rastrellare consensi in Parlamento e blindare la riforma, potrebbe essere abbassare la soglia di sbarramento al 4%.
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino