LA PROTESTASAN PIETRO DI FELETTO È l'unico bar che ha deciso di rimanere aperto dopo le 18 nonostante il decreto del premier Giuseppe Conte. Fuori, con mascherine e...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
SAN PIETRO DI FELETTO È l'unico bar che ha deciso di rimanere aperto dopo le 18 nonostante il decreto del premier Giuseppe Conte. Fuori, con mascherine e distanziamento rispettato, una decina di clienti. Tutti solidali con la decisione dell'enoteca Vettoretti di rimanere aperta, nonostante tutto. Sapete a cosa andate incontro? «Certo. Io e mio fratello ci siamo consultati con i nostri legali. Potranno darci delle sanzioni, farci chiudere. Allora valuteremo un'azione legale contro la legittimità di un decreto anticostituzionale- dichiara Claudio Vettoretti- La nostra non è disobbedienza, stiamo solo esercitando il nostro sacrosanto diritto al lavoro. Un diritto che in questo momento viene negato a noi e a tutti i nostri dipendenti da un governo incapace di programmare».
IL TITOLARE
Claudio Vettoretti, laureato in giurisprudenza e gestore assieme al fratello Sergio dell'omonima enoteca di Crevada, lungo la strada che da Parè porta a Pieve di Soligo, nel piccolo centro commerciale che ospita altre attività. «Nostro padre Valerio, emigrato nel 1957 in Sudamerica, ci ha sempre insegnato che per lavorare serve programmazione - continua Claudio - Quella che è mancata alla squadra di governo che, pur avendo mesi di tempo per organizzarsi e programmare, ha fatto tutto il contrario promulgando un decreto che penalizza tutte le categorie alle quali sono legate migliaia di persone, lavoratori che pagano le tasse e i loro profumati stipendi senza pensare all'enorme difficoltà in cui versano le famiglie e chi cerca di fare impresa, piccoli o grandi che siano. Noi tra l'enoteca, il mobilificio e l'azienda agricola abbiamo 40 dipendenti. Dietro a loro mogli e figli, e così in tutta Italia. Stanno tagliando il ramo dove sono seduti».
LO SFOGO
La barista Magri Aksana, bielorussa di 30 anni, lavora all'enoteca da giugno: «Ho trovato lavoro da pochi mesi - dice quasi in lacrime - Mia figlia di tre anni e mezzo è a casa con la baby sitter. Devo pagare affitto, asilo, baby sitter e cibo. Ditemi voi come farò se non mi lasciano lavorare. Sono disperata, spero che il governo ci ripensi». I clienti sorseggiano prosecco e spritz, ma non c'è gioia tra di loro. Sono andati lì a sostenere la battaglia di questi due fratelli che hanno deciso di alzare la bandiera del diritto al lavoro. È l'ultima frontiera di un grido disperato che si sta alzando ovunque in Italia e si ripete da nord a sud: «Lasciateci lavorare».
Pio Dal Cin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino