L'enoteca disobbedisce e apre: «Lavorare è un diritto»

Mercoledì 28 Ottobre 2020
L'enoteca disobbedisce e apre: «Lavorare è un diritto»
LA PROTESTA
SAN PIETRO DI FELETTO È l'unico bar che ha deciso di rimanere aperto dopo le 18 nonostante il decreto del premier Giuseppe Conte. Fuori, con mascherine e distanziamento rispettato, una decina di clienti. Tutti solidali con la decisione dell'enoteca Vettoretti di rimanere aperta, nonostante tutto. Sapete a cosa andate incontro? «Certo. Io e mio fratello ci siamo consultati con i nostri legali. Potranno darci delle sanzioni, farci chiudere. Allora valuteremo un'azione legale contro la legittimità di un decreto anticostituzionale- dichiara Claudio Vettoretti- La nostra non è disobbedienza, stiamo solo esercitando il nostro sacrosanto diritto al lavoro. Un diritto che in questo momento viene negato a noi e a tutti i nostri dipendenti da un governo incapace di programmare».
IL TITOLARE
Claudio Vettoretti, laureato in giurisprudenza e gestore assieme al fratello Sergio dell'omonima enoteca di Crevada, lungo la strada che da Parè porta a Pieve di Soligo, nel piccolo centro commerciale che ospita altre attività. «Nostro padre Valerio, emigrato nel 1957 in Sudamerica, ci ha sempre insegnato che per lavorare serve programmazione - continua Claudio - Quella che è mancata alla squadra di governo che, pur avendo mesi di tempo per organizzarsi e programmare, ha fatto tutto il contrario promulgando un decreto che penalizza tutte le categorie alle quali sono legate migliaia di persone, lavoratori che pagano le tasse e i loro profumati stipendi senza pensare all'enorme difficoltà in cui versano le famiglie e chi cerca di fare impresa, piccoli o grandi che siano. Noi tra l'enoteca, il mobilificio e l'azienda agricola abbiamo 40 dipendenti. Dietro a loro mogli e figli, e così in tutta Italia. Stanno tagliando il ramo dove sono seduti».
LO SFOGO
La barista Magri Aksana, bielorussa di 30 anni, lavora all'enoteca da giugno: «Ho trovato lavoro da pochi mesi - dice quasi in lacrime - Mia figlia di tre anni e mezzo è a casa con la baby sitter. Devo pagare affitto, asilo, baby sitter e cibo. Ditemi voi come farò se non mi lasciano lavorare. Sono disperata, spero che il governo ci ripensi». I clienti sorseggiano prosecco e spritz, ma non c'è gioia tra di loro. Sono andati lì a sostenere la battaglia di questi due fratelli che hanno deciso di alzare la bandiera del diritto al lavoro. È l'ultima frontiera di un grido disperato che si sta alzando ovunque in Italia e si ripete da nord a sud: «Lasciateci lavorare».
Pio Dal Cin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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