L'ASSISTENZA PADOVA Rispondono con voce rotta le volontarie del centro antiviolenza.

L'ASSISTENZA PADOVA Rispondono con voce rotta le volontarie del centro antiviolenza.
L'ASSISTENZAPADOVA Rispondono con voce rotta le volontarie del centro antiviolenza. La loro voce è lo specchio delle sensazioni scatenate dalla notizia dell'assassinio di Aycha...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
L'ASSISTENZA
PADOVA Rispondono con voce rotta le volontarie del centro antiviolenza. La loro voce è lo specchio delle sensazioni scatenate dalla notizia dell'assassinio di Aycha El Abioui, uccisa a coltellate dal marito nella notte tra martedì e mercoledì. Sono sconvolte perché Aycha aveva chiesto aiuto solo un mese fa, per poi tornare dal suo aguzzino. Ogni giudizio sulla sua scelta è fuori luogo, la soggezione di una donna nei confronti del marito padrone esula da ogni logica.

«Era già una giornata particolare, perché per noi il 25 novembre è un momento di riflessione e rappresenta una possibilità ulteriore per accendere i riflettori su quello che è un fenomeno che colpisce una donna su tre in Italia e nel mondo fanno sapere dal Centro Veneto Progetti Donna di Padova - Oggi però siamo state letteralmente stravolte dalla notizia del femminicidio di Cadoneghe, di una giovane donna che aveva chiesto il nostro aiuto. Ci mancano le parole e il fiato, per parlare e per urlare la nostra rabbia per un sistema profondamente ingiusto che non ha protetto Aicha e i suoi figli. Quando diciamo che è fondamentale che ci sia un intervento tempestivo e che le Istituzioni devono lavorare accanto ai Centri Antiviolenza, intendiamo proprio questo. Dobbiamo credere alle donne quando dicono che hanno paura».
Nel mese di marzo di quest'anno, in piano lockdown, il centro antiviolenza ha accolto il 56 per cento di donne in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. E no, non è un dato positivo, come potrebbe sembrare a prima vista. Più denunce vuol dire più consapevolezza, più donne che escono dalla spirale della violenza. Un meno 56 per cento significa tornare indietro. Secondo i dati del Centro Veneto Progetti Donna il 28 per cento delle donne non parla con nessuno della violenza subita, e appena il 12 per cento di loro denuncia alle autorità. Inoltre, meno del 5 per cento delle donne si rivolge ad un centro antiviolenza.
Fino a ottobre 2020 a Padova e provincia si sono rivolte al Centro Veneto Progetti Donna 755 donne, di cui 356 con figli minori per un totale di 578 tra bambini e bambine. Il problema della violenza di genere è complesso. Durante l'incontro online tenutosi ieri mattina e organizzato da Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto dal titolo Immuni da cosa? La violenza di genere ai tempi del Covid-19, l'avvocato padovano Marina Infantolino ha detto: «La violenza non deve essere percepita solamente dal punto di vista fisico. Violenza, certo, è quando la donna urla, si divincola ma c'è violenza anche quando l'uomo la minaccia, la mette in uno stato di soggezione psicologica ed economica. Avere un rapporto sessuale con una donna minacciata non è avere un rapporto consenziente».
Infantolino parla anche della «mancanza di accesso a un percorso di psicoterapia che troppo spesso è a pagamento e una donna disoccupata non può permetterselo» Questa mancanza di aiuto psicologico in molti casi fa sì che la donna abusata si tiri indietro e ritorni dal marito o dal compagno che la maltratta. Altro ospite dell'incontro è stato il consulente Antonio Romeo, cofondatore di Cambiamento maschile, spazio di ascolto dove gli uomini violenti vengono rieducati. «Il femminicidio non è il raptus di un momento - ha ricordato - ma la conclusione di un percorso di violenza che ha avuto inizio da qualche tempo. Noi cerchiamo di far capire che non ci sono attenuanti a quel gesto, non può essere la risposta a una fantomatica provocazione».

Il 70 per cento di chi passa per Cambiamento maschile riesce a instaurare poi relazioni normali. «Chiediamo poi che quando una donna denuncia, non sia lei a dover andarsene da casa per salvarsi la vita continua la nota del centro antiviolenza ma che sia applicata la legge che prevede l'allontanamento del maltrattante. A maggior ragione quando sono presenti figli e figlie che, assistendo alla violenza. sono a loro volta vittime, e i loro bisogni sono messi al primo posto dalle madri. In tutti questi anni di lavoro è la prima volta che un femminicidio ci tocca così da vicino e rielaboreremo anche questa sconfitta. Ma siamo sicure di aver fatto tutto il possibile per lei. Noi».
Silvia Moranduzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino