L'ANNIVERSARIO Roberto, Silvio, Felice, Cristoforo e Rosario. L'appello degli

L'ANNIVERSARIO Roberto, Silvio, Felice, Cristoforo e Rosario. L'appello degli
L'ANNIVERSARIORoberto, Silvio, Felice, Cristoforo e Rosario. L'appello degli abitanti è già concluso. Siamo a San Francesco del Deserto, l'isola meno popolata di Venezia con...

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L'ANNIVERSARIO
Roberto, Silvio, Felice, Cristoforo e Rosario. L'appello degli abitanti è già concluso. Siamo a San Francesco del Deserto, l'isola meno popolata di Venezia con solo cinque frati che vivono nel convento. Anche se il nome può far pensare a un posto fuori dal mondo, siamo in piena laguna nord a pochi minuti di barca da Burano, vicini a Torcello, mete di caotiche invasioni turistiche all'insegna del consumismo sfrenato. Eppure su quest'isola pare davvero di essere in un ambiente deserto. Un'altra dimensione, quasi mistica. Suggestione del luogo: un silenzio disturbato solo dal canto di qualche uccello, una vegetazione rigogliosa che si nota già in lontananza, e all'interno chiostri, chiesette, antiche cisterne, iscrizioni di secoli fa. Tutto appare in una perfetta armonia da cantico delle creature.

UNA STORIA MISTERIOSA
Ma chiariamolo subito, lo dicono con sincerità anche gli stessi frati: del passaggio sull'isola di San Francesco non c'è certezza. Non esistono documenti o testimonianze storiche ufficiali. «Di sicuro Francesco nel 1220 è stato a Venezia spiega Roberto Cracco, da dieci anni padre guardiano della piccolissima comunità Tornava dalla Terra Santa, dove aveva tentato di mediare con il sultano d'Egitto Melek-el-Kamel per scongiurare una nuova Crociata. È probabile che sia sbarcato a Torcello che all'epoca era sede vescovile con migliaia di abitanti. Di certo, pochi anni dopo, nel 1228, qui venne edificata una chiesa intitolata a San Francesco. I resti sono ancora visibili».
Ma per tutti questa è l'isola del Santo poverello e ci sarebbe anche un evento miracoloso ad attestarlo, come racconta San Bonaventura da Bagnoregio, biografo ufficiale. Francesco arrivato a Venezia, dopo il lungo viaggio su una nave della Serenissima, chiese di fermarsi a meditare in un luogo appartato e lo portarono su quella che allora era chiamata l'isola delle Due Vigne, di proprietà di Jacopo Michiel, discendente da una famiglia di dogi. La leggenda, come riportato su una lapide incisa all'ingresso del convento, dice che c'erano migliaia di uccelli che cantavano, facendo un frastuono che disturbava la meditazione. Francesco con un gesto della mano li fece tacere. Quando finì di pregare ricominciarono a cantare. Pochi anni dopo, nel 1233, la famiglia Michiel regalò l'isola delle Due Vigne ai frati.
PREGHIERA E AGRICOLTURA
Anche questa donazione fa pensare che sull'isola sia accaduto qualcosa di talmente particolare da consacrarla alla preghiera. E da allora, salvo il periodo napoleonico, quando i religiosi vennero allontanati da tutte le chiese, e l'isola fu trasformata in polveriera francese, i frati sono sempre stati lì. Sono trascorsi 800 anni dal probabile passaggio di San Francesco, ma poco è cambiato. «Noi viviamo secondo le regole del nostro Ordine racconta padre Roberto, 53 anni, originario della provincia di Vicenza i ritmi delle giornate sono scanditi da lavoro e preghiera: si comincia alle 6.45 con le lodi a cui segue la messa, alle 11.30 preghiera, alle 12 il pranzo, alle 14.30 ancora un momento di preghiera, poi alla sera, prima di cena il Vespro e alle 21 Compieta chiude la giornata. Le assicuro che non abbiamo tempo per annoiarci, in cinque c'è davvero tanto da lavorare per gestire l'isola» E basta guardarsi attorno per vedere che tutto è in perfetto ordine. Ogni confratello ha i suoi compiti, dall'orto alla cucina, dai lavori di manutenzione all'accoglienza dei visitatori.
Ma non è una comunità di eremiti. I frati hanno contatti frequenti con il mondo esterno e possono usare internet e cellulari. Per gli spostamenti hanno un topo, barca lagunare da trasporto, con cui si recano nelle altre isole. Non ci sono collegamenti di linea, a San Francesco si arriva unicamente con natanti privati. C'è solo un barcaiolo, Massimiliano, che a chiamata d'inverno e a orari fissi in primavera-estate, trasporta i visitatori, traghettandoli da Burano. Ma i più arrivano con i lancioni che accompagnano i turisti in giro per la laguna. E non sono pochi.
«In un anno vengono a trovarci 20-25 mila persone racconta il padre guardiano Facciamo fare una visita guidata ad orari prestabiliti. Nei fine settimana, per gruppi ristretti organizziamo ritiri spirituali. Tanti chiedono di venire qui per meditare, pregare. C'è chi viene a cercare la fede e chi a confermarla. Ma anche chi viene solo per ritrovare se stesso. Il luogo aiuta molto. Gli ospiti vivono con noi e con le nostre regole». Per tutti c'è una celletta a disposizione, i posti letto non mancano. «Una volta l'isola ospitava anche una cinquantina di fratelli ricorda padre Roberto ora con il calo delle vocazioni dobbiamo rimodulare le presenze e i compiti. Anzi, siccome due di noi sono anche sacerdoti, spesso ci chiamano a dare una mano per le funzioni nelle parrocchie dell'estuario».
Le porte del convento sono virtualmente sempre aperte, anche se per motivi organizzativi sono state fissate due fasce orarie. «Noi accogliamo tutti, anche chi non crede e viene soltanto come turista dice ancora padre Roberto Uno di noi è sempre pronto a scambiare due parole con chi ne ha bisogno. Viene gente da tutto il mondo e rimangono sorpresi che in mezzo alla laguna ci sia un posto simile». Il tour dell'isola è incantevole: il convento è rimasto fermo al 1200-1400 quando sono state realizzate tutte le opere murarie, poteva accogliere decine di frati come dimostrano le numerose celle e la dimensione del refettorio.
RONCALLI E MONTINI

Non c'è un registro di visitatori illustri, anche perché quando entrano nel convento tutti sono uguali e i titoli non contano. Fu così per Romano Prodi, quando era presidente della Commissione del Parlamento europeo, o per i futuri Papi, Angelo Roncalli e Giovanni Battista Montini. In un'isola dedicata a San Francesco, sarebbe bello che anche il Papa che porta il suo nome venisse in visita. Del resto Papa Francesco ha annunciato che presto verrà a Venezia, perché non invitarlo? Padre Roberto sorride e quasi arrossisce: «Non mi permetterei mai di invitare il Santo Padre, lui sa cosa fare. So che una volta Francesco è uscito fuori da San Pietro in macchina con il suo autista e si è fatto accompagnare a Greccio, il luogo del primo presepio, e si è presentato al santuario tra lo stupore dei frati. Se dovesse bussare anche da noi sarebbe una gioia. Non poniamo limiti alla Provvidenza, questo Papa sa stupire. E questa è casa sua».
Vittorio Pierobon
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Il Gazzettino