«Internet e web: molte le trappole per il cervello»

«Internet e web: molte le trappole per il cervello»
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IL COLLOQUIO
«Noi pensiamo di essere coscienti per quello che ci succede, crediamo di essere consapevoli delle nostre azioni. Non è così. Perché dietro la presunta consapevolezza ci sono meccanismi psicologici di cui non siamo consapevoli. Tutta la vita normale, vedere percepire, scrivere, pensare, tutte queste cose si pensa siano trasparenti». Stavolta il pensiero di Paolo Legrenzi ci schianterà davvero contro le pagine del suo nuovo libro Molti inconsci per un cervello-Perchè crediamo di sapere quello che non sappiamo (Il Mulino, 195 pagg - 15 ) scritto assieme a Carlo Umiltà. Legrenzi è uno dei più noti psicologi cognitivi italiani.

Descrive sette trappole mentali dell'inconscio collettivo: come evitarle?
«Sono cose che la nostra testa decide per noi senza che ce ne rendiamo conto: però possiamo essere avvertiti dei rischi e non caderci».
Ma lei sulla strada mette anche l'inconscio artificiale
«Dieci persone conoscono e due miliardi non sanno niente. Sono nelle stesse condizioni nelle quali è finito il nostro cervello dopo milioni di anni di evoluzione. Del web non abbiamo idea di come effettivamente funzioni. Però lo usiamo.
Siamo in un mondo complesso modernissimo ma funzioniamo come 10mila anni fa, quando era utile agire immediatamente sentendo un ruggito o un serpente. Prima trappola.
Una cosa la percepiamo a seconda del modo con cui ci viene descritta. Tutti preferiscono quando la descrizione fa colpo. Esempio? Se dico che il 5% della famiglie italiane possiede il 40 % della ricchezza e poi che il 95 % ne ha il 60% dico la stessa cosa. La prima fa colpo, la seconda no. La trappola della retorica ci trova impreparati».
Paura degli eventi e pericoli oggettivi, trappola numero due
«Quando eravamo cacciatori-raccoglitori (fino a 10 mila anni fa) c'erano paure giuste e si ingegnava quello che era il pericolo. Oggi c'è una totale assimetria tra quello di cui paura e le cose pericolose. È una trappola fortissima. Ti senti più sicuro se hai pistola nel comodino, la statistica dice però che quella pistola e più pericolosa per gli incidenti domestici. La paura è un cassetto differente da quello della conoscenza dei pericoli è difficile avere le paure giuste».
Qual è la trappola tre, quella del pensiero locale?
«Programmiamo tutto della nostra giornata e vediamo quanto è opportuno vantaggioso e giusto fare una serie di azioni ma non scopriamo l'altro che si poteva fare. Occorrerebbe comparare sempre vantaggi e costi ma ce ne dimentichiamo.
Quasi invincibile la trappola delle emozioni, la quarta.
Sì. In passato l'eccesso delle emozioni in realtà era il carburante che ci serviva per decisioni rapide in mondi semplici con cicli temporali brevi».
Siamo in difficoltà col presente e con i tempi brevi, quinta trappola.
«Il nostro cervello è frutto dell'evoluzione naturale misurata con le giornate e sottovalutiamo il cambiamento delle nostre preferenze su tempi lunghi, siamo meno adattivi. Non ci si rende conto che è una trappola molto negativa. Il più grande capitale che si dà ad un figlio è educazione ricca, capitale umano e non due appartamenti e un po' di soldi. I poveri, per esempio, sanno procastinare poco».
Che disastro questa sesta trappola del sapere
Crediamo di sapere e invece non è così. Occorrerebbe invece avere le conoscenze di quelli che sanno (e che sono dubbiosi) e ci vuole pazienza ad imparare quello che si sa e non si sa. Siamo Come un'isola che aumenta di dimensioni rispetto al mare: più piccola è isola e più forte è l'illusione di conoscerla, di sapere».
Che dice della coscienza, del sapere, settima trappola?

«Racconto la storia del film con Alberto Sordi (un monsignore con tonaca) e Sandra Sandrelli chiusi in un ascensore. La vicenda finisce carnalmente anche se lui dirà alla fine che non è successo niente libero arbitrio in realtà i due erano come macchine dagli istinti umani incontratesi nel buio dell'ascensore. Invece non innocenti. Anzi. Ma obiettare sulla coscienza sono fin dall'antichità gli avvocati, duemila anni fa. In fondo siamo gli unici animali con la coscienza. Dovremmo interrogarci di più su come e perché la usiamo. Questo libro prova a spiegarlo.
Adriano Favaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino