«In camion sul ponte: sono stato miracolato»

«In camion sul ponte: sono stato miracolato»
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IL TESTIMONE
PADOVA Su Facebook posta video e scrive Grazie a Dio. Chi lo contatta invoca su di lui benedizioni. Al telefono, invece, Idriss Afifi taglia corto: «Scusami, io voglio solo dimenticare, non voglio più parlarne con nessuno».

Altro non dice di quel pomeriggio di martedì 14 agosto quando il destino lo ha salvato dalla strage del Ponte Morandi di Genova, crollato nel vuoto alle 11.36 della vigilia di Ferragosto. «Potevo essere io a cadere nel vuoto» racconta ancora in video-testimonianza ripreso a poche ore dal crollo e ora sulla sua pagina web.
Quel giorno infatti Idriss Afifi, residente a Parma ma dipendente della padovana Esperia che si occupa di trasporto merci su strada, ferrovia e nave, doveva raggiungere Arenzano, un paese a 25 chilometri dal capoluogo ligure, per consegnare diverse casse di birre Peroni partite lunedì 13 dall'Interporto di Padova. Dopo Arenzano sarebbe andato a La Spezia, prima di fare ritorno nella città del Santo.
«Mi sento un miracolato, sì racconta Idriss ho preso solo un colpo alla schiena che i medici mi hanno detto mi passerà in sette giorni. Nel cellulare ho ancora il video di quanto successo, ripreso dalla galleria dove mi sono riparato dopo che il ponte è crollato». Lui, dall'abitacolo del suo tir Esperia, ha visto tutto. E lo ricorda in maniera nitida, anche se vuole dimenticare. Perché quei fantasmi tornano ogni notte «e non riesco a dormirci».
Perché Idriss Afifi, marocchino pendolare da Parma a Padova ogni settimana, il Ponte Morandi doveva attraversarlo per forza per consegnare quei carichi di birra. Ed è sul tratto d'asfalto tra l'ultima galleria in uscita da Genova e la campata crollata poco prima di mezzogiorno, causando oltre quaranta vittime, che il camionista della ditta padovana ha dovuto fare i conti con il proprio destino.
QUESTIONE DI ATTIMI
Era infatti appena uscito dall'ultima galleria quando il suo tir è stato superato da un furgoncino verde il camioncino della Basko che si è fermato sul ciglio dell'orrore ed è diventato in parte un simbolo della tragedia e da una macchina. Idriss avanzava verso il centro del ponte a quaranta all'ora, per via anche della forte pioggia di quel giorno. «Fuori dalla galleria ho visto un lampo e poi il ponte non c'era più. Non c'era più nemmeno la macchina che mi aveva superato e che aveva superato il furgoncino verde, che invece era pochi metri più avanti di me e faceva retromarcia racconta Allora lì ho capito che la macchina che ci aveva superati era crollata nel vuoto e che io e l'autista del camioncino ci eravamo salvati. Quando ho visto il ponte crollare ho fatto anch'io due, tre, metri in retro, ho lasciato il camion a dieci metri dal buco, ho preso le chiavi e sono scappato verso le macchine che venivano dalla galleria e che non sapevano. Gli parlavo e dicevo cos'avevo visto. Tutti ci siamo rifugiati nella galleria, distanti».

Il «più fortunato al mondo» secondo il camionista della ditta padovana, che ha recuperato il camion solo venerdì e che ha concesso al proprio dipendente alcuni giorni di riposo per smaltire lo choc di quella mattinata, è però il camioncino verde. «Una macchina l'ha sorpassato ed è crollata, lui ha frenato e si è salvato. Non riesco a dimenticare quello che è successo, ho visto tutto dal camion. È come un film che sto guardando all'infinito nella mia testa. Io voglio solo dimenticare».
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino