IL PROGETTO BELLUNO Piante coltivate fuori dal suolo, in mini vasi disposti su

IL PROGETTO BELLUNO Piante coltivate fuori dal suolo, in mini vasi disposti su
IL PROGETTOBELLUNO Piante coltivate fuori dal suolo, in mini vasi disposti su più livelli, fari a led che sostituiscono la luce del sole e favoriscono prodotti con nutrimenti e...

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IL PROGETTO
BELLUNO Piante coltivate fuori dal suolo, in mini vasi disposti su più livelli, fari a led che sostituiscono la luce del sole e favoriscono prodotti con nutrimenti e vitamine in maggiori quantità. Riutilizzo dell'acqua, possibilità di aumentare il numero di raccolti all'anno e di coltivare erbe altrimenti non possibili, in montagna. Entrare all'ex scuola di Orzes, potrebbe essere come fare un salto nel futuro. Un futuro tangibile dove l'agricoltura urbana sfrutterà gli spazi di vecchi edifici abbandonati, dove le piante usciranno dalla terra e si arrampicheranno in strutture a più livelli, all'interno di grandi sale illuminate artificialmente. L'Urban farm arriva a Belluno. Lo fa con il progetto futurista Hydro Officinalibrary di un gruppo di giovani studenti universitari, volenterosi, preparati e visionari. Tanto visionari da progettare a puntino un riutilizzo della vecchia elementare Zanon a Orzes e da arrivare a vincere il primo premio nel concorso internazionale UrbanFarm2019 organizzato dall'Università di Bologna e da quella di Firenze. Per la scuola abbandonata, un edificio di tre piani, seminterrato compreso, da 150 metri quadri l'uno il team Pinecube, questo è il nome che si sono dati i sei ragazzi, ha pensato ad una sorta di maxi orto al coperto dove coltivare erbe officinali tipiche dell'ambiente dolomitico e altre che, invece, in montagna all'aperto non crescerebbero. «Non abbiamo cambiato gli spazi interni, ma abbiamo ripensato l'edificio per renderlo adatto ad ospitare un impianto di coltivazione fuori suolo spiega Elisabetta Tonet, del team -. Abbiamo anche pensato ad una seconda struttura, da realizzare, ipogea e con altri spazi per la coltivazione idroponica». Chiudere le piante e farle crescere con i fari a led permetterebbe di ottenere raccolti in tempi più ridotti e produrre erbe senza nichel, biologiche e con più nutrimenti. La presenza di orti e aiuole anche all'esterno permetterebbe poi di attirare le api e favorirne la vita e la diffusione. «Il tipo di coltivazione, poi, andrebbe incontro alle richieste del mercato aggiunge Pamela De Biasi e vorremmo anche produrre erbe utili alla ricerca universitaria».

IL TEAM

Il gruppo ha lavorato senza conoscersi né vedersi mai, per tutta la durata del progetto. Nato grazie a diversi appelli diffusi nei social è formato da Elisabetta Tonet di Feltre, Pamela de Biasi di Rasai, Nicola Colucci di Alberobello, Nicola Dall'Agnol dell'Alpago, Niccolò Tagliaferri di Imola e Isabella Dagostin. L'obiettivo era quello di ripensare la produzione di cibo nei tessuti urbani in termini di sostenibilità ambientale. Team multidisciplinari di studenti delle facoltà di agraria, biologia, architettura, design, economia, ingegneria e studi umanistici sono stati invitati a partecipare alla sfida e, alla fine, il team mezzo bellunese che ha lavorato sulla elementare, ha vinto sbaragliando i 17 finalisti. «Ora abbiamo il progetto pronto, mancano i soldi» spiega l'assessore all'ambiente Stefania Ganz. Il costo di realizzazione si aggira attorno ai 500 mila euro.
Alessia Trentin
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Il Gazzettino