Il messaggio di capitan Valerio Bertotto «Io mi prenoto, voglio tornare a vivere»

Il messaggio di capitan Valerio Bertotto «Io mi prenoto, voglio tornare a vivere»
LA TESTIMONIANZAPORDENONE E UDINE Nell'Udinese di Zaccheroni, nella formazione diventata una specie di filastrocca da recitare a memoria prima di andare a dormire, lui era il...

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LA TESTIMONIANZA
PORDENONE E UDINE Nell'Udinese di Zaccheroni, nella formazione diventata una specie di filastrocca da recitare a memoria prima di andare a dormire, lui era il capitano. Il numero quattro, Valerio Bertotto. Indimenticabile. Ora allena, ma vive ancora in Friuli. E ha 48 anni, quindi si è messo in coda come tutti per aspettare il suo turno. Ma non ha mai avuto dubbi, e ora prenoterà la sua dose di vaccino. «Perché prima potrò tornare a una specie di9 normalità e meglio sarà. Per me e per chi vive vicino a me».

L'APPELLO
Valerio Bertotto prenoterà la propria dose, facendo riferimento al sistema sanitario regionale in quanto residente in Friuli Venezia Giulia. La sua è una testimonianza importante: è un uomo in piena salute, uno sportivo. Insomma, il classico profilo che di fronte al contagio rischierebbe meno di altri di patire le conseguenze peggiori della malattia. Ma il suo discorso è quello che potrebbe ispirare chiunque nello sforzo verso l'uscita definitiva dal tunnel della pandemia.
«Voglio fare al meglio il mio lavoro (l'ultima esperienza in panchina è stata quella di Ascoli, in Serie B, e si è conclusa lo scorso autunno), e voglio viaggiare liberamente - spiega Bertotto commentando la sua adesione alla campagna di vaccinazione -. Quindi lo farò assolutamente, perché nella mia professione è fondamentale potersi spostare». Alla base, quindi, ci sono i concetti di libertà e di diritto al lavoro, in questo caso strettamente connessi. Anche il calcio, infatti, ha risentito in modo pesante delle restrizioni applicate per combattere il contagio. Ma il ragionamento di Bertotto va anche oltre, non si limita all'aspetto personale o lavorativo, pur determinante.
«Dobbiamo assolutamente fidarci della scienza e del lavoro dei professionisti - spiega -, come facciamo in ogni campo. Confidiamo nell'assoluta serietà di chi fa quel mestiere, e quindi nell'efficacia e nell'importanza della vaccinazione. C'è una via d'uscita unica da questa pandemia, ed è la protezione di noi stessi e delle persone che abbiamo vicino. Non c'è un'altra strada».
I DESIDERI

Lavoro, salute, libertà. Tutto in un'espressione. «Credo che tutti non vedano l'ora di riprendere seriamente in mano le loro vite. Per me almeno è così - commenta il capitano dell'Udinese che si giocò l'Europa contro l'Ajax nell'autunno del 1997 -, è il momento di ripartire e di tornare a vivere. Sarà così solamente grazie al vaccino, per questo il mio è un sì più che convinto». C'è il peso della pandemia e delle restrizioni, nelle sue parole che lo guidano verso la prenotazione della propria dose. «Ormai è un anno e mezzo che viviamo in queste condizioni, e anche il calcio ne risente molto. Pensiamo agli stadi vuoti. Il contesto è difficile, non c'è dubbio. Vogliamo di nuovo i tifosi in tribuna». Ed è molto probabile che i primi a potersi sedere nuovamente allo stadio siano proprio i vaccinati.
M.A.
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Il Gazzettino