Il fenomeno è preoccupante ed i numeri non lasciano dubbi: il 40% dei calciatori

Il fenomeno è preoccupante ed i numeri non lasciano dubbi: il 40% dei calciatori
Il fenomeno è preoccupante ed i numeri non lasciano dubbi: il 40% dei calciatori professionisti in Europa è in certo modo a rischio povertà dopo quattro-cinque anni appena dal...

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Il fenomeno è preoccupante ed i numeri non lasciano dubbi: il 40% dei calciatori professionisti in Europa è in certo modo a rischio povertà dopo quattro-cinque anni appena dal ritiro e questo dato in Italia sale fino al 60%. E' una percentuale allarmante che mette a nudo una certa piaga del mondo del pallone italiano. Sono circa 3000 i giocatori professionisti impegnati nelle tre serie professionistiche nostrane, ma appena il 10% di loro guadagna bene: gli altri, e sono tanti, devono comunque iniziare a lavorare nel post-carriera.

C'è un allarme di cui bisogna tenere conto: in Italia il 70% dei giocatori ha solo la terza media e appena l % dei professionisti ha la laurea. In proposito, mi viene in mente il mio caso: per tanti anni sono stato l'unico calciatore laureato. Ciò è successo nel 1961, quando frequentavo la facoltà di giurisprudenza all'Università di Bologna e giocavo nella squadra rossoblù. Devo confessare che allora, per un buon periodo, ho cercato di convincere molti amici calciatori a continuare gli studi e possibilmente a laurearsi o a diplomarsi. In particolare mi ricordo del mio compagno di squadra Giacomo Bulgarelli, che era iscritto all'Università di Bologna, ma non dimostrava molta volontà di continuare e cercavo di fargli cambiare idea. Purtroppo prevalse la sua volontà di sacrificarsi ed affermarsi in Nazionale e fui costretto ad abbandonare l'idea di avere un collega laureato. Preoccupa soprattutto il fatto che certi numeri negativi siano in costante aumento e che il mondo del calcio italiano faccia ancora troppo poco per invertire questa preoccupante tendenza.
In proposito è interessante l'opinione di Guglielmo Stendardo, calciatore con 228 partite in serie A, avvocato dal 2012 e docente alla Luiss in diritto sportivo. Egli afferma che in Italia il giovane calciatore tende a trascurare l'istruzione. Quasi sempre, tra i 20 e 35 anni, pensa solo a giocare al calcio. In più, quando è in attività, tende a seguire un alto tenore di vita che i buoni guadagni gli permettono. Il ridimensionamento, alla fine, è complicato ed iniziano le difficoltà. La carriera di un calciatore ha un tempo estremamente breve, anche se oggi i nuovi parametri demografici ci dicono che ci sono sempre più giocatori in grado di allungare i tempi professionali. Nelle migliori circostanze, però, non sono in tanti ad arrivare oltre i 40 anni. E non è detto che siano molti a raggiungere il top della carriera. In Italia abbiamo oltre 1,2 milioni di tesserati, di questi soltanto 1 su 35 mila riesce a giocare in Nazionale. Questi numeri dovrebbero farci comprendere quanto il movimento produca: pochi ricchi e tanti altri professionisti, che in un lasso di tempo piuttosto breve, non guadagnano certo le somme da sogno di cui parlano spesso i titoli dei giornali.

In troppi trascurano le più elementari regole degli investimenti. Spesso sono errori grossolani di valutazione, ma di frequente sono anche scelte di manager e agenti senza scrupoli che non fanno gli interessi dei giocatori, ma li conducono a rovine finanziarie. Bisogna aiutare i giovani calciatori a studiare, ad informarsi, a prepararsi in tempo ed adeguatamente per il futuro nel mondo del lavoro. Occorre fare presto.
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Il Gazzettino