«IL CASO PADOVANI EMBLEMA ITALIANO»

«IL CASO PADOVANI EMBLEMA ITALIANO»
RUGBY. L'INTERVISTA«La mia sensazione è che i procuratori, non solo quello di Padovani, pensino solo a se stessi. Soprattutto quelli che non vengono dal rugby non capiscono chi...

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RUGBY. L'INTERVISTA
«La mia sensazione è che i procuratori, non solo quello di Padovani, pensino solo a se stessi. Soprattutto quelli che non vengono dal rugby non capiscono chi può essere di livello e chi no».

Il presidente della Fir Alfredo Gavazzi torna da vincitore sul caso Edoardo Padovani alla vigilia del Sei Nazioni. Il torneo nel quale il 24enne estremo di Mogliano, recordman di presenze e minutaggio azzurri la scorsa stagione, dovrebbe ritrovare la maglia della Nazionale. Persa nei test autunnali a seguito del fallimentare trasferimento al Tolone, con ritorno alle Zebre dopo soli 6 mesi.
Lei si è opposto al trasferimento, alimentando un contenzioso diventato il caso estivo.
«Perché Padovani aveva un altro anno di contratto con le Zebre, rilevate dalla Fir. E perché ritenevo azzardato portarlo in una della squadre più importanti d'Europa, con tanti giocatori a disposizione».
Non lo ritiene all'altezza?
«Quando il suo procuratore (Alessandro Corbetta, ndr) mi ha detto che aveva ricevuto un sacco di complimenti per il trasferimento a Tolone gli ho risposto: Padovani non è ancora di quel livello. Quanto detto si è puntualmente verificato».
Allora che atleta è Padovani?
«È un buon giocatore, ma deve fare ancora un percorso di formazione per crescere. A Tolone non ne aveva la possibilità. Alle Zebre, dove si trova bene e può giocare regolarmente in un ambiente di amici, sì».
Ritroverà la maglia azzurra?
«Per farlo ha la necessità di giocare. Gli era stato detto anche dal ct Conor O'Shea che non facendo minutaggio a Tolone non sarebbe stato preso in considerazione per la Nazionale.
Il lungo contenzioso da lei intanto, mancato rilascio del transfert federale e minaccia di portare la questione fino a World Rugby, può avere destabilizzato il giocatore?
«No, perché nonostante il mio pensiero se n'è andato comunque, in maniera truffaldina»
Truffaldina come?
«I contratti dei giocatori erano passati tutti dalle vecchie Zebre private alle nuove Fir. Il suo procuratore ha trovato un accordo per avere il nulla osta dalle prime a mie insaputa. Forse facendo avere alle vecchie Zebre per il trasferimento dei soldi, di cui tra l'altro avevano bisogno. A quel punto ho preferito lasciarlo andare».
Una volta i big azzurri erano titolari nei top club europei. Ora Padovani torna a casa perché?
«I Castrogiovanni, Parisse, Canale, Masi, Bortolami, Bergamasco allora erano giocatori più vicini alle qualità dei grandi club dove militavano. E il Top 14 francese era diverso, non intriso di atleti dell'emisfero sud come oggi».
Significa che gli azzurri di oggi sono meno competitivi.
«Abbiamo avuto un buco dal 1985 al 1990, sono stati prodotti pochi giocatori di qualità. Ora abbiamo ripreso e ci sono almeno 5 motivi per cui i nuovi talenti non vanno all'estero: 1) Sono ancora giovani; 2) Li stiamo inserendo in Nazionale per dare profondità; 3) Non si sentono pronti; 4) Hanno capito che il sistema integrato Benetton-Zebre-Italia è il migliore per la loro crescita; 5) Col Pro 14 giocano comunque un campionato internazionale».
Quindi basta casi Padovani?

«Spero di no. Simone Ferrari è andato presto anch'egli all'estero, ma è tornato e ora sta crescendo. Uno come Matteo Minozzi dopo due anni a Calvisano e uno alle Zebre se va all'estero non ce la fa, meglio se resta».
Ivan Malfatto
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Il Gazzettino