IL CASONel suo settennato, arrivato allo snodo finale con il semestre bianco da martedì prossimo, Sergio Mattarella ha condotto secondo il suo stile, pacato e non retorico, un...
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Nel suo settennato, arrivato allo snodo finale con il semestre bianco da martedì prossimo, Sergio Mattarella ha condotto secondo il suo stile, pacato e non retorico, un tentativo di pedagogia repubblicana nel quale non può che rientrare l'esigenza di avere un'informazione corretta. Da questo punto di vista, si è fidato della professionalità dei giornalisti. Ha sbagliato a farlo? No. Ma adesso qualche puntualizzazione - «Nel giornalismo affiora, talvolta, l'assioma che una affermazione non smentita va intesa come confermata» - il Capo dello Stato sente il bisogno di farla, e non sbaglia nella sua critica al retroscenismo iper-politicista o fantapolitico e al gossip - che pure è un'espressione che lui non usa e non userebbe mai - applicato alle cose di Palazzo. Insomma, Mattarella non si toglie rumorosamente qualche sassolino dalle scarpe - quella era pratica cossighiana e tra i due presidenti nessun parallelo è possibile - ma fa capire che in questi quasi sette anni gli ha dato fastidio, non personale ma istituzionale, certo bla bla politichese che l'Italia non merita e la spregiudicatezza di certa informazione on line. Sta criticando - e a qualcuno verrebbe da dire: era ora! - il provincialismo dell'informazione italiana il Presidente della Repubblica, il cui approccio largo e popolare alle questioni nazionali, non interno a un circuito politico-mediatico autoreferenziale, è una delle ragioni del successo?
Quel che ha detto Mattarella è anche questo: «Ad esempio, vista la diffusa abitudine di trincerarsi fantasiosamente dietro il Quirinale quando si vuole opporre un rifiuto o di evocarlo quando si avanza qualche richiesta, il Presidente della Repubblica sarebbe costretto ad un esercizio davvero arduo e anche preminente: smentire le fake news fabbricate, sovente, con esercizi particolarmente acrobatici. Faccio appello, dunque, alla professionalità dei giornalisti e alla loro etica professionale». Si tratta di osservazioni, queste riguardanti la correttezza nel racconto della politica, più che di natura retrospettiva - in fondo Mattarella è riuscito grazie alla sua credibilità e alla sua professionalità politica a sopravvivere alla cattiva informazione - di visione o di speranza rivolta al futuro che ci attende. Mentre il Presidente si accinge a lasciare nel 2022 il suo incarico, senza volere un'elezione bis come ha più volte affermato (ma il gossip ridicolmente ne dubita: non è che finge?), noi giornalisti ci saremo ancora. Magari migliori, come chiede Mattarella insieme a molti italiani, o forse no.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino