IL CASO
Nel suo settennato, arrivato allo snodo finale con il semestre bianco

Giovedì 29 Luglio 2021
IL CASO
Nel suo settennato, arrivato allo snodo finale con il semestre bianco da martedì prossimo, Sergio Mattarella ha condotto secondo il suo stile, pacato e non retorico, un tentativo di pedagogia repubblicana nel quale non può che rientrare l'esigenza di avere un'informazione corretta. Da questo punto di vista, si è fidato della professionalità dei giornalisti. Ha sbagliato a farlo? No. Ma adesso qualche puntualizzazione - «Nel giornalismo affiora, talvolta, l'assioma che una affermazione non smentita va intesa come confermata» - il Capo dello Stato sente il bisogno di farla, e non sbaglia nella sua critica al retroscenismo iper-politicista o fantapolitico e al gossip - che pure è un'espressione che lui non usa e non userebbe mai - applicato alle cose di Palazzo. Insomma, Mattarella non si toglie rumorosamente qualche sassolino dalle scarpe - quella era pratica cossighiana e tra i due presidenti nessun parallelo è possibile - ma fa capire che in questi quasi sette anni gli ha dato fastidio, non personale ma istituzionale, certo bla bla politichese che l'Italia non merita e la spregiudicatezza di certa informazione on line. Sta criticando - e a qualcuno verrebbe da dire: era ora! - il provincialismo dell'informazione italiana il Presidente della Repubblica, il cui approccio largo e popolare alle questioni nazionali, non interno a un circuito politico-mediatico autoreferenziale, è una delle ragioni del successo?
Quel che ha detto Mattarella è anche questo: «Ad esempio, vista la diffusa abitudine di trincerarsi fantasiosamente dietro il Quirinale quando si vuole opporre un rifiuto o di evocarlo quando si avanza qualche richiesta, il Presidente della Repubblica sarebbe costretto ad un esercizio davvero arduo e anche preminente: smentire le fake news fabbricate, sovente, con esercizi particolarmente acrobatici. Faccio appello, dunque, alla professionalità dei giornalisti e alla loro etica professionale». Si tratta di osservazioni, queste riguardanti la correttezza nel racconto della politica, più che di natura retrospettiva - in fondo Mattarella è riuscito grazie alla sua credibilità e alla sua professionalità politica a sopravvivere alla cattiva informazione - di visione o di speranza rivolta al futuro che ci attende. Mentre il Presidente si accinge a lasciare nel 2022 il suo incarico, senza volere un'elezione bis come ha più volte affermato (ma il gossip ridicolmente ne dubita: non è che finge?), noi giornalisti ci saremo ancora. Magari migliori, come chiede Mattarella insieme a molti italiani, o forse no.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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