Ha comperato casa a Venezia. E qui ha scelto di istituire la sua fondazione artistica. Per farlo ha messo gli occhi e la mente su Palazzo Manfrin, un edificio settecentesco, a due...
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Maestro Kapoor, perchè ha scelto Venezia? E non Firenze?
«Non voglio fare paragoni tra le due città, mi limito ad un concetto. Firenze è la città della luce; Venezia, quella del buio, dove le acque fluiscono nel ricordo, dando una sensazione freudiana. Come non ripensare a Visconti, alla bruma, alla malinconia? Qui si vive in un'altalena di assenze e presenze. Un po' come disegno e pittura».
U
na relazione però molto feconda.
«È una relazione fisica e non fisica. Questo è il mio corpo, ma se chiudo gli occhi posso essere altrove, in tanti altrove. Conquisto allo stesso tempo uno spazio fisico e uno non fisico. La fisicità ha qualcosa di mitologico, e l'alterità è fatta dal colore».
Viviamo in un mondo duplice, tra violenza e bellezza
«È una cosa molto strana. Ed è altresì vero che la bellezza va di pari passo con la violenza. Quest'ultima è anche positiva, se è generatrice. Basti pensare a Pollock, a Picasso. Ci pone all'azione. E quindi, altrimenti, genera bellezza».
Giocare tra presente e meno presente
«Mi piace investigare, perchè tutto ciò è problematico visto quello che ci sta accadendo intorno: l'impreparazione che ci ha colto con la pandemia, indossare la mascherina, l'incapacità della politica di saper capire cosa ci è accaduto».
Ma come si articolerà la presenza delle sue opere a Venezia?
«Mancano ancora tanti mesi per la mostra, ma fondamentalmente dovrebbero essere 20 opere esposte alle Gallerie dell'Accademia; una trentina negli spazi di Palazzo Manfrin. Alcune opere nuove insieme ad altre più vecchie».
Cosa rappresenta per lei Venezia?
«Venezia è stata centrale per innumerevoli artisti, che l'hanno abitata e l'hanno vissuta, Turner, Goethe, e tanti altri. Sono venuti per il senso di meraviglia che la città offre- È una città che sorge dal mare. E che cos'è il mare? dove viene nascosto il buio, l'insidia. Dove c'è quello che fa parte del nostro status psichico. Il sorgere dal mare è un sorgere alla luce. C'è una duplicità che è data tra l'Est e l'Ovest. E sono due spazi molto potenti».
Ma che cos'è oggi il buio e che cos'è oggi la luce?
«Oggi il sistema educativo, il governo, le relazioni sociali non vogliono il buio. E invece, esso porta con sè anche una parte creativa che fa da contraltrare alla luce».
Buio e luce, fa pensare molto anche ad una influenza della Kabbalah ebraica. Questi richiami fanno pensare alla mistica...
«Questa è una domanda molto interessante. C'è una parola in ebraico per indicare luogo. Si dice makom, ma non significa solo luogo, ma anche Dio. E sicuramente c'è qualcosa di kabbalistico, ma questo significa anche qui e ora, ma anche qui e non ora. Quindi in un posto e in qualsiasi posto. Ed è sicuramente anche un riferimento ad Abramo, al sacrificio di Isacco, ad un centro rituale. Questo qui e non qui è un elemento di grande interesse; che ci riporta allo Zohar (il testo cabbalistico per eccellenza ndr), forse è una questione chiave dell'«essere e non essere». Così come l'oggetto che è e non è».
Paolo Navarro Dina
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Il Gazzettino