Giovanni Miani da Rovigo all'Africa nera

Giovanni Miani da Rovigo all'Africa nera
LA STORIALe tribù lo chiamavano Il Leone Bianco perché indubbiamente era il più bravo: la sua seconda spedizione era arrivata a pochi giorni di cammino dalle sorgenti del Nilo....

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LA STORIA
Le tribù lo chiamavano Il Leone Bianco perché indubbiamente era il più bravo: la sua seconda spedizione era arrivata a pochi giorni di cammino dalle sorgenti del Nilo. Eppure anche un uomo così forte e audace (ma anche feroce e senza scrupoli, come vedremo) sapeva che Venezia poteva essere una cattiva matrigna perfino coi figli più generosi. E la temeva, al punto che da Cartum nel cuore dell'Africa, impegnato nella sua ultima spedizione Giovanni Miani - nato a Rovigo il 17 marzo del 1810 da padre ignoto e da Maddalena Miani, una serva che poi si trasferirà a Venezia si preoccupa della negligenza che la Municipalità sembra avere verso la sua collezione; quella conservata attualmente e visibile nel museo di Storia Naturale al Fondaco dei Turchi, la più antica collezione etnografica d'Europa.

APPELLO A VENEZIA
Prende carta e penna (i suoi diari sono esemplari per il tempo) e manda una lettera a Sua Altezza, il Principe Giuseppe Giovanelli sindaco di Venezia: Mi scrissero fa presente l'esploratore che il sapientissimo Donà delle Rose, fece gettare entro un magazeno la mia collezione etnografica a e di storia naturale che donai alla patria e che era esposta provvisoriamente a San Lorenzo, invece d'esporla al patrio Museo, come mi promise il nobile Municipio per iscritto. La breve missiva si conclude così, con una specie di profezia: Malgrado io non possa credere tale barbarismo, ciò non toglie che questa notizia ratristò molto il mio cuore, sapendo quanti pericoli mi costarono quegli oggetti. Dunque s'io dovessi socombere in questo mio viaggio Venezia disprezza il mio dono? Non è possibile. Spero che il Principe e il Sindaco a cui ho l'onore di scrivere, prenderà le dovute informazioni, e gli sarò portato il disegno che fece prima di partire.
COLLEZIONISTA E PATRIOTA
Miani L'umilissimo servo come si firma morirà un anno dopo. Evidentemente regalare non fa bene. Vero che i 1800 di pezzi raccolti in 14 casse, vengono esposti nel 1856 ma, finita l'esposizione i reperti vengono rimessi nelle casse e lasciati ad ammuffire. Miani sapeva la verità e temeva per la perdita dei beni che aveva concesso al museo Correr di Venezia. Una storia amara per uno che per la passione per la musica - finirà in rovina nel tentativo di stampare una storia della musica di tutte le nazioni; dopo aver studiato nei più importanti conservatori d'Europa. Da Venezia venne allontanato nel 1849 dopo aver combattuto gli austriaci come primo cannoniere partecipando alla difesa di forte Marghera. Venezia era diventata la sua città, accolto da bimbo dal nobile P.A. Bragadin e dal quale avrà una cospicua eredità. Miani passò a Malta insegnando canto, aveva studiato musica, lettere, lingue, danza, scienze, arti marziali e disegno; da Costantinopoli va a Il Cairo e diventa tenore in un teatro e fa l'archeologo, il linguista e il direttore di piantagioni di riso per poi tornare in Italia e fallire con l'edizione della Storia della musica.
INDOMITO ESPLORATORE
Torna in Egitto per studiare arabo, astronomia, storia naturale, topografia e pensare alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Nel 1857 con due francesi diventa cartografo dell'Alta Nubia; presenta il lavoro a Napoleone III con un progetto di esplorazione del bacino del Nilo. Il Leone Bianco sembra inarrestabile, nel 1859 riparte e scende il Nilo con alcuni francesi fino a Omdurman, raggiunge il Nilo Bianco e poi si avvicina tra malattie, tradimenti, rischi di avvelenamenti e naufragi - alle sorgenti: mancano 90 chilometri, mai nessuno così vicino. Per arrivarci non si è risparmiato nemmeno uccisioni gratuite di interi villaggi ostili a colpi di fucile, fatti che lui annota freddamente nel suo diario. Ma non ce la fa a proseguire. Torna in Europa proprio mentre viene a sapere che gli inglesi J.H. Speke e J.A. Grant tentano di arrivare dove lui si era fermato.
ORIENTALISTA

Miani ritornava a Venezia dopo 14 anni, vestito con turbante e caffettano (e lo prendono in giro per questo) dopo essere passato per Torino - dove molte casse dei suoi reperti furono trattenuti - e per Firenze. Il regalo a Venezia, 1800 pezzi, viene accompagnato ai progetti commerciali di portare perle di vetro a Kartum per scambiarle con avorio. Non lo ascoltano. Così, saputa la notizia (falsa) che i due inglesi avevano raggiunto le sorgenti con i soldi raccolti in mezza Europa riparte per l'Africa da dove, nel 1871, scriverà la protesta al sindaco di Venezia. Ma defezioni, incidenti e sfortuna non lo portano alle sorgenti. Muore il 21 novembre 1872, colpito da dissenteria e una necrosi. Con i materiali di Miani il suo corpo tornerà dopo 10 anni a Rovigo. Con essi anche l'accompagnatore Hussein-el-Benkans, sergente denka, che porterà in Italia due ragazzini pigmei dell'etnia Akkà (Congo): mai nessuno aveva visto due reperti così. Vengono studiati al museo Pigorini di Roma, girano per tutta Europa e poi scompaiono forse dalle parti di Verona. Un giallo che merita un'altra storia.
Adriano Favaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino