Fanghi Coimpo, i dubbi sui terreni

Fanghi Coimpo, i dubbi sui terreni
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AMBIENTE
ROVIGO Qual è la situazione dei terreni sui quali sono stati sversati i fanghi di Coimpo e Agribiofert? Una domanda che da tempo in tanti si fanno e che al momento ha ricevuto solo risposte parziali. A dare nell'occhio è il fatto che questa volta a chiederlo sia stata, con un passaggio apparentemente sorprendente, proprio l'Arpav, l'Agenzia regionale per l'ambiente. La domanda è riferita, visto che il quesito arriva dall'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che il 5 aprile del 2018 è stato incaricato dal ministero dell'Ambiente «di valutare e quantificare il danno ambientale in merito ai fatti contestati nell'ambito del procedimento penale 2303/15 del Tribunale di Rovigo, avente ad oggetto un traffico di rifiuti speciali non pericolosi (fanghi civili ed industriali ed altri rifiuti speciali) non sottoposti alle regolari e corrette procedure di recupero per la formazione di fertilizzanti e di fanghi stabilizzati da distribuire sui suoli agricoli».

PROCESSO
Il procedimento è quello nato dopo le indagini in seguito all'incidente mortale del 22 settembre 2014 per il quale è a sua volta già in corso il processo per omicidio colposo, che da Rovigo è passato nelle mani della Direzione distrettuale antimafia di Venezia e che ha portato il 10 dicembre del 2017 ai sei arresti dei vertici di Coimpo e Agribiofert. Da allora sono passati ormai quasi due anni e se nel frattempo ci sono stati quattro patteggiamenti e due rinvii a giudizio, con il processo ancora in corso a Rovigo, sui terreni continua a permanere una buona dose di incertezza. Con la domanda che continua ad aleggiare: se nei risultati delle analisi svolte dall'Arpav ormai più di quattro anni fa (i rapporti sono stati trasmessi ai carabinieri forestali, che al tempo non erano ancora nell'Arma, nel giugno e nel settembre del 2015) si riscontravano numerosi superamenti dei limiti previsti per i valori di idrocarburi pesanti, policlorobifenili e zinco, perché dopo quattro intere annate agrarie ancora di fatto non si sa nulla? Se le terre erano pesantemente contaminate e pericolose, perché sono ancora di libero utilizzo? E se al contrario, non lo sono, dove è nato l'equivoco?
DOMANDE IRRISOLTE

Domande alle quali molti degli stessi amministratori polesani non sanno dare risposta, con il piano amministrativo, il piano giudiziario e il piano politico che si intrecciano in un groviglio di interrogativi irrisolti dopo anni. In questo quadro si inserisce la nota che l'Arpav ha trasmesso ai sindaci di Adria, Ceregnano, Gavello, Papozze, Pettorazza, San Martino e Villadose e all'Area ambiente della Provincia, nel quadro della collaborazione in materia di danno ambientale. L'Ispra ha chiesto, «per il tramite di Arpa Veneto, una serie di informazioni ed elementi necessari per la redazione della relazione tecnica definitiva di valutazione, tra cui lo stato di avanzamento delle procedure di bonifica avviate dalla Provincia di Rovigo con proprie note numero 4959 del 08/02/2019 e numero 5539 del 13/02/2018, nonché l'esistenza di eventuali ordinanze sindacali che vietino la coltivazione nei siti in esame. Inoltre, vengono richieste informazioni circa eventuali procedimenti di bonifica in corso e gli esiti di eventuali caratterizzazioni nelle ulteriori 19 aziende agricole, nel territorio del Comune di Adria, che non sono ricomprese nei citati provvedimenti della Provincia di Rovigo, ma che risulterebbero essere state oggetto dello spandimento dei fanghi».
Francesco Campi
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Il Gazzettino