Falsa nazionalità, condannato

Falsa nazionalità, condannato
IL CASOPORDENONE Fornire false indicazioni sulla propria identità non giustifica la revoca del permesso di soggiorno, soprattutto se sei scappato da un paese lacerato dalla...

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IL CASO
PORDENONE Fornire false indicazioni sulla propria identità non giustifica la revoca del permesso di soggiorno, soprattutto se sei scappato da un paese lacerato dalla guerra e in Italia ti sei sempre comportato bene. Così si erano espressi i giudici del Tar di Trieste accogliendo il ricorso presentato da Christian Bennedict, 40 anni, nato in Ghana, in Italia dal 2003. Il permesso di soggiorno gli era stato revocato perchè aveva detto di essere liberiano ai pubblici ufficiali addetti all'accoglienza e, successivamente, alla Commissiona nazionale per il diritto d'asilo. «I miei genitori dissero che ero nato in Liberia», si era giustificato quando gli fu chiesto conto delle dichiarazioni fatte quando arrivò a Pantelleria, quando poi fu trasferito a Crotone e infine a Pordenone. Riabilitato dal Tar, è stato però processato per due ipotesi di falso, per essere stato trovato in possesso di un passaporto falso e per aver usato un passaporto liberiano falso rilasciato dall'Ambasciata dietro il pagamento di 100 euro e usato per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno.

L'avvocato Agostino Pavan ha ridimensionato l'imputazione ricordando al giudice che l'uomo era fuggito dalla guerra civile e che il documento, pur avendo delle inesattezze, non era un falso.
Il giudice ha però accolto le conclusioni del vpo Cesia Rossi Puri condannando l'immigrato a 1 anno e 6 mesi di reclusione (pena sospesa) e dichiarando la prescrizione per la parte di contestazioni risalenti a prima del 22 settembre 2010.
Il caso di Bennedict, come tanti altri, era emerso all'inizio del 2015, in seguito a un'inchiesta sull'effettiva nazionalità di 35 liberiani. L'ambasciata della Liberia aveva anche messo in guardia le autorità italiane sull'autenticità di decine e decine di passaporti rilasciati da un funzionario corrotto. Nella lista c'erano anche quelli di un paio di profughi di Pordenone.
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Il Gazzettino