«È una riforma per tutti i cittadini»

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ROMA - La riforma della Pubblica Amministrazione ottiene il primo via libera. Il sì della commissione Affari Costituzionali è stato conquistato dopo sette mesi di discussione.

L'ultimo capitolo trattato è stato quello sul riordino della dirigenza: restano i capisaldi del ddl Madia, la licenziabilità, gli incarichi a tempo, il ruolo unico, l'abolizione in due fasce e il tetto agli stipendi, mentre tra le novità decise dalla commissione c'è lo stop agli automatismi nelle carriere, vale solo il merito, e la responsabilità in via esclusiva per l'attività gestionale. Intanto si fanno più chiare le previsioni sui concorsi, passarli non basterà più: per essere dirigenti bisognerà fare un esame successivo e soprattutto ci sarà una sorta di preselezione. Anche la P.A. potrebbe avvalersi di cacciatori di teste.
«Non è una riforma di settore, ma è una riforma per il Paese, per 60 milioni di cittadini, volta a semplificare la loro vita», spiega il ministro Marianna Madia. C'è soddisfazione anche per l'esame condotto dalla commissione, tanto che il ministro parla di «una bella pagina di dialettica parlamentare». Sulla stessa linea il sottosegretario Angelo Rughetti, secondo cui il testo è stato «migliorato e ampliato» e non esita a definire il ddl come «il cantiere amministrativo più grande dopo quello che ha portato all'approvazione della costituzione repubblicana».
Per i dirigenti cambiano i meccanismi di uscita: se privi di incarico per un certo periodo (ancora da definire, probabilmente dai 2 ai 3 anni) si decade dal ruolo unico, ovvero si può essere licenziati. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino