È dal 1923, siamo quindi prossimi al secolo di vita, che si corre la 24 ore di Le Mans, in Francia, una gara di durata automobilistica, dove a vincere è la scuderia che ha...
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James Mangold, regista non privo di talento ma anche discretamente discontinuo, da Cop Land a Logan The Wolverine, forse il suo film migliore, firma un'opera che sta sul crinale tra il lato intimistico e quello più spettacolare, non sempre dosando le alternanze e forse rinunciando anche a un quadro d'epoca, con quegli anni '60 un po' in disparte. E se lo scontro titanico tra i potenti Ford e Ferrari (Remo Girone) si limita a una rappresentazione didascalica e superficiale della coppia, il film dà il meglio di sé ovviamente in pista, dove la musica di Marco Beltrami sorregge ritmo e velocità (ma è convincente anche nei momenti più soft) e negli scompensi di un'amicizia che nasce dalla voglia di conquistare la vita, attraverso bravura e sacrificio, purtroppo costantemente minata dalla supponenza del potere, come il malinconico finale dimostra, anche quando le persone ritenute irascibili e contrarie a ogni compromesso, si accendono di una umanità non ricompensata. Siamo dalle parti di Rush di Ron Howard, che però era riuscito a stare più dentro la vita e la corsa. Qui è tutto più calcolato, dai momenti più gigioni a quelli frenetici; ma Mangold sa ben governare l'emozione improvvisa, come quando in pista all'ombra della sera, Ken spiega al figlio com'è la vita. Ad alta velocità. (adg)
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Il Gazzettino