Due donne mature, Nina e Madeleine si amano da decenni in segreto e in silenzio,

Due donne mature, Nina e Madeleine si amano da decenni in segreto e in silenzio,
Due donne mature, Nina e Madeleine si amano da decenni in segreto e in silenzio, nascoste da amici e parenti. Vivono l'una di fronte all'altra, le porte di casa sono sempre...

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Due donne mature, Nina e Madeleine si amano da decenni in segreto e in silenzio, nascoste da amici e parenti. Vivono l'una di fronte all'altra, le porte di casa sono sempre aperte, e sognano di fuggire a Roma, dove si sono conosciute. Ma un ictus spezza le speranze, intrappolando le due vite: Madeline in un corpo condannato al mutismo, Nina in un'esistenza monca, osteggiata dalla famiglia dell'amante che non capisce e, soprattutto, non vede.

Un bel debutto, quello del padovano Filippo Meneghetti, che parte da una semplice storia d'amore per addentrarsi nelle pieghe più complesse della vita, dalla vecchiaia all'omosessualità, l'identità e la malattia. Usando l'inquadratura come strumento di narrazione, il regista scruta da vicino le sue protagoniste, giostrando il loro distanziamento come un sottile thriller psicologico. E sulle note di una canzone degli anni 60, Chariot di Betty Curtis, Due si muove tra spazi sempre più ristretti, con porte che si chiudono e spioncini che si aprono, dialoghi inudibili oltre le pareti, cancelli che bloccano, corpi e occhi che si cercano. Classe 1980, esperienze a New York e a Parigi (il film era stato candidato agli Oscar dalla Francia), Meneghetti domina i ritmi del racconto con presa sicura e talento visivo, costruendo un serrato dramma da camera fatto di silenzi, piccoli gesti, sguardi, contatti impercettibili fra protagoniste, svelando le conseguenze di un amore imprigionato che cerca disperatamente una via d'uscita. Magnifiche le protagoniste Martine Chevallier e Barbara Sukowa capaci di regalare le più impercettibili variazioni dell'anima. Al centro, una riflessione esistenziale che non riguarda soltanto la questione dell'identità e dell'omosessualità, ma va più a fondo e abbraccia la necessità di accettarsi come persona, accettando anche il giudizio altrui senza venirne definiti. E nella privatissima e malinconica danza finale delle due innamorate, l'invito a rinascere chiudendo fuori il rumore di un mondo che non sa e non vuole vedere.

Chiara Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino