Ci ha messo di più a battere il Fisco che a rilanciare la sua azienda. Paolo Trovò ha combattuto contro una contestazione del 2005 che l'Agenzia delle entrate gli aveva fatto...
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Nel 2005, per la concorrenza cinese, perse quote di mercato. «Il fatturato calò ma non perché fossi un evasore, ho sempre pagato le tasse fino all'ultimo centesimo» racconta Trovò che dovette affrontare un accertamento d'ufficio. Quando arrivò la multa decise di resistere, non solo perché era sicuro di non aver fatto nulla di male ma anche perché, altrimenti, avrebbe dovuto chiudere l'Azienda visto che non ha mai lavorato con le banche, e i soldi che investe sono quelli che incassa. Ieri, dopo quasi dieci anni di contenzioso, due sentenze e due appelli e dopo aver vinto definitivamente, ha ricevuto una montagna di email di ringraziamento da tutta Italia, non da Venezia, per aver tenuto duro. E a tutti risponde di sperare «che la mia battaglia sia di aiuto e di conforto a qualche altro collega che sta vivendo la mia stessa disavventura».
In tutti questi anni si è anche ammalato di depressione «ma ne sono venuto fuori, sia sotto l'aspetto economico, sia sotto quello morale».
Morale? «Sì ho subito anche vessazioni morali, perché agli atti delle udienze c'è scritto che non so fare l'imprenditore, e che sono pure un pirla perché, nonostante un momento di crisi, non ho licenziato nessuno».
Trovò non ama quelli che chiama «i tanti escamotage sulla pelle dei dipendenti e dei fornitori che per anni hanno collaborato con la tua azienda: i fallimenti pilotati, i concordati in bianco... vanno di moda, purtroppo, ma non fanno per me».
Eppure, pur essendo un imprenditore di quelli che pensano che il proprio obiettivo e dovere sia far crescere e difendere l'Azienda, proprio gli industriali non lo hanno sostenuto: «Sono sempre stato iscritto a Confindustria e alla Cgia artigiana: Confindustria Veneto mi disse di capire la mia situazione, e basta; il segretario della Cgia Bortolussi non si è mai degnato, in nove anni, di mandarmi nemmeno una mail, e mi fa un po' rabbia quando lo vedo in televisione sproloquiare».
La Mestriner non licenzia e non delocalizza, nonostante Marghera non sia più un paradiso per le industrie e Trovò, oltre a combattere contro il Fisco, ha combattuto per rilanciare l'impresa. «Le aziende che sanno diversificarsi e internazionalizzarsi hanno un futuro anche qui. Quelle che restano chiuse nella propria nicchia e si limitano a operare nel territorio non hanno speranza. E poi Venezia ha un'altra specificità: ha espresso tanti piccoli imprenditori, nati a ridosso delle grandi come Eni, Enel, Fincantieri. Naufragate le prime, non è rimasto più niente. Così, come diceva mio padre, faccio da solo nella battaglia legale e in quella imprenditoriale: mi vanto di avere un prodotto di qualità e di saper offrire un buon servizio per la soddisfazione del cliente, tengo botta alla concorrenza cinese e consegno in tempi rapidissimi».
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Il Gazzettino