Carlo Nordio Giusto un anno fa, all'inizio della pandemia, fiorì l'auspicio,

Carlo Nordio Giusto un anno fa, all'inizio della pandemia, fiorì l'auspicio,
Carlo Nordio Giusto un anno fa, all'inizio della pandemia, fiorì l'auspicio, e per alcuni la convinzione, che un periodo di...

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Carlo Nordio

Giusto un anno fa, all'inizio della pandemia, fiorì l'auspicio, e per alcuni la convinzione, che un periodo di sofferenze e di rinunce avrebbe favorito il recupero di una sensibilità solidale logorata da anni di consumismo edonistico: che insomma saremmo diventati tutti più buoni. Ogni spirito scettico nutrì dei dubbi davanti a questo ottimismo ispirato dalla speranza ma smentito dall'esperienza.
Perché il concetto che il dolore ci redima e le disgrazie ci migliorino è solo l'aspirazione consolatoria dell'anima afflitta, e un'illusoria alternativa alla rassegnazione. La natura umana se potesse evitare una pena ne farebbe volentieri a meno e davanti alle sventure tende a ribellarsi. Persino Giobbe, alla fine, perse la pazienza.
E' quello che sta avvenendo in una parte non trascurabile di cittadini, che mostra segni di insofferenza e di protesta. Sentimenti che tuttavia si manifestano in varie forme, che proviamo a esaminare.
La prima è quella, agitata e vociferante, che abbiamo visto in questi giorni a Roma e in qualche altra città. Essa esprime l'esasperazione di quei lavoratori autonomi costretti a una forzata inattività. La loro rabbia non è alimentata solo dall'impoverimento, per alcuni irreversibile, ma anche da altri fattori: le incaute promesse del precedente governo che aveva assicurato adeguati ristori rivelatisi parziali, insufficienti e tardivi; l'incredibile andirivieni (...)
Continua a pagina 23
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Il Gazzettino