«Capitano marocchino, non è degno»: sergente a processo

«Capitano marocchino, non è degno»: sergente a processo
IL CASOBELLUNO «'sto marocchino di m... gliela farò pagare in un modo o nell'altro. Non è degno di stare nell'Esercito Italiano. Ha rubato un posto in Accademia ad un italiano...

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IL CASO
BELLUNO «'sto marocchino di m... gliela farò pagare in un modo o nell'altro. Non è degno di stare nell'Esercito Italiano. Ha rubato un posto in Accademia ad un italiano vero». Questa volta i veleni della caserma Salsa sono andati ben al di là delle vicende che hanno già occupato processi in Tribunale a Belluno. Sarebbero sfociati nel razzismo. Il processo questa volta si celebra al Tribunale militare di Verona e vede imputato il sergente maggiore Capo Carmelo Lo Manto, 45enne residente in provincia di Vicenza, effettivo al 7° Reggimento Alpini di Belluno. Entrerà nel vivo nell'udienza dell'8 luglio prossimo, dopo il rinvio a giudizio deciso per il militare dal gup veronese a fine aprile. È accusato di diffamazione di altro militare secondo il codice penale militare di pace con l'aggravante della discriminazione razziale, come previsto dal decreto legge del 1993.

I FATTI
La vicenda è stata inquadrata in un periodo che va dalla fine del 2014 alla metà del 2017. Secondo quanto ricostruito dalle indagini della Procura militare, dopo la denuncia del capitano 36enne, che all'epoca era residente a Belluno, il sergente avrebbe pronunciato quelle frasi alla presenza di più militari. Anzi di tutti. Le parole sarebbe scattate, infatti, puntualmente le mattine durante l'alza bandiera dal 2014 al 2017. A testimoniarlo tre alpini che all'epoca dei fatti erano sotto il comando del Sergente e che saranno chiamati in aula a raccontare quanto avveniva durante quel cerimoniale. Le frasi contro il capitano sarebbero state pronunciate davanti alle giovani leve (VFP1, giovani appena arruolati), e all'insaputa della parte offesa. Il capitano, italiano fin dalla nascita ma di padre marocchino, era in quel momento infatti intento, come di consuetudine, a presentare la forza ai propri superiori prima dell'Inno Nazionale. Il militare si è costituito parte civile nell'udienza preliminare di fine aprile con l'avvocato Massimiliano Strampelli del foro di Roma. Il difensore dell'ufficiale afferma: «Il fatto è di inaudita gravità perché coinvolge la disciplina e la coesione del Reparto. Ci aspettiamo che la Forza Armata sia vicina all'ufficiale». Il sergente imputato invece è difeso dall'avvocato Antonio Vele di Napoli, che contattato al telefono non vuole anticipare nulla sulla linea difensiva.
UNO CONTRO L'ALTRO

Il capitano non ritenuto degno di stare nell'esercito italiano, dopo aver frequentato la Scuola Militare Nunziatella e l'Accademia Militare di Modena effettuò due turni in Missione in Afghanistan (con tanto di medaglia americana). A stimolare l'astio potrebbero essere stati gli ordini e i rimproveri dal capitano al sergente, in particolare dopo esser stato richiamato sul presunto uso fraudolento del proprio cartellino presenze. Il sergente denunciò il capitano per Violenza su inferiore: alla fine venne assolto dalla Tribunale militare, ma era stato ormai allontanato dal Settimo. Nel frattempo invece al Settimo, nonostante la denuncia penale, il sottufficiale indagato è stato inviato in missione all'estero (Libano) per 6 mesi.
Olivia Bonetti
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Il Gazzettino