Candidati, il bar resiste alla tentazione dei social

Candidati, il bar resiste alla tentazione dei social
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ELEZIONI&MARKETING
PORDENONE Candidati sempre più social. Basta guardare come si sono moltiplicate le pagine su Facebook (proprio nel momento in cui il web-media è sotto attacco internazionale per il caso legato a Cambrige Analytica) dei candidati locali impegnati nella sfida per le regionali del 29 aprile. Sono molto pochi gli aspiranti consiglieri che sono riusciti a stare lontano dalla propaganda elettronica che arriva via telefonino. Anche se per la verità c'è un ritorno agli strumenti più tradizionali: nessuno rinuncia, per esempio, a qualche migliaio di vecchi santini di carta. Così come non viene abbandonato il gazebo in occasione dei mercati settimanali o il sabato mattina nel centro cittadino di Pordenone. Non vengono trascurati nemmeno gli incontri-aperitivo con un numero ridotto (dai 30 ai 50) di elettori. Ed è meglio un bicchiere con 50 potenziali elettori che 500 volantini distribuiti a caso durante una mattinata di mercato. Completamente sparito dalle scene della campagna elettorale è invece il gadget con simboli di partito o nome del candidato: non c'è più l'ombra di spilline, penne, porta-cellulari, pennette usb, cappellini o accendini.

I SOCIAL
Sembrano essere diventati i veri protagonisti delle sfide elettorali. A livello locale il peso di Facebook nelle competizioni politiche era emerso con piena evidenza nelle elezioni comunali del 2016. Due anni dopo - secondo gli esperti - c'è un ulteriore aumento: nella sfida in corso per le regionali i candidati del territorio hanno investito parecchio. E d'altra parte, stando agli studi, almeno il 60 per cento degli over-55 (le persone che stando ai dati vanno maggiormente al seggio) usa i social, in particolare Facebook. «I candidati investono almeno il 25, 30 per cento del budget complessivo sulle pagine social. Ma attenzione - avverte Giulio Di Lorenzo, 27 anni, della Pop Com Studio, società di comunicazione di Casarsa che segue aziende, ma anche politici - io dico subito: non è che se la pagina registra duemila like quelli corrispondono ad altrettanti voti. Così come non basta essere su Facebook l'ultimo mese di campagna. Occorre usare lo strumento con messaggi giusti e linguaggio appropriato». Dunque, bene esserci (gli investimenti variano da 2 a 3 mila euro) ma non basta. Guai a non farsi vedere tra la gente. Magari sotto il gazebo, oppure - meglio - se a incontri mirati.
TRA LA GENTE

«L'elettore per dare fiducia - aggiunge l'esperto comunicatore, laurea in Scienze politiche alla Luiss di Roma - vuole stringere la mano al candidato e guardarlo in faccia. E quindi sui social io annuncio l'incontro fisico e poi lo racconto. E devo raccontare la realtà, perché la politica resta passione, coinvolgimento, confronto e partecipazione». Dunque, potrebbe ancora contare di più il tradizionale giro di ombre al bar. «Il bar, così come gli aperitivi nei locali o le feste funzionano, eccome. Ma il social poi mi serve per raggiungere un pubblico più ampio e raccontare il bar». Poche le richieste di ritocchini nelle foto. «Meglio la foto con i piccoli difetti perché trasmette verità». E invece tutti i candidati sono molto attenti al come si vota. Sia nei santini che nei post chiedono che vengano comunicate poche e chiare informazioni sul come votare. «Questo è un aspetto che può sembrare scontato ma è ancora fondamentale». L'identikit del candidato social? «Non è facile. I grillini sono digitali quasi per natura ed è lì che hanno una potenza di fuoco. Centrodestra e centrosinistra si equivalgono abbastanza, anche se forse nelle ultime settimane il centrosinistra ha la necessità di alzare un po' la voce. Rispetto al centrodestra che vive un po' di rendita sull'onda delle elezioni del 4 marzo».
Davide Lisetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino