Brustolon e Tintoretto tra i monti

Brustolon e Tintoretto tra i monti
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L'ITINERARIO
Il fantasma - come vuole ogni leggenda che si rispetti - di un Vescovo come Giacomo Rovelli (1586-1590) che segnò con il suo nome le architravi sulle porte proprio per sottolineare l'impegno per l'abbellimento del Palazzo, potrà stare tranquillo. Nulla di quanto era originale è stato toccato. Anzi, tutto è stato valorizzato. Anche le cantine scavate nella scaglia rossa prealpina. E poi ci sono le opere custodite. In una sala c'è un calice paleocristiano, forse il più antico dell'Occidente che farebbe invidia anche ad Indiana Jones.

IL SANTO GRAAL
Una sorta di grande coppa chiamata del Diacono Orso con una capacità da un litro e mezzo che richiama l'assunzione del sangue di Cristo da parte dei fedeli. Poco distante un reliquario a forma di busto che rappresenta San Silvestro, in argento battuto e sbalzato con smalti e cristalli di roccia, che si dice provenga dalla bottega del Pollaiuolo. In un'altra sala troneggia il gruppo dei Quattro evangelisti realizzato da Andrea Brustolon nel 1710, straordinario artista del legno definito da Honorè de Balzac, il Michelangelo del Legno, in legno di cirmolo intagliato, dorato e policromato. E poi qualche opera di Sebastiano Ricci come il Battesimo di Cristo e della Madonna con bambino tra i santi Brunone e Ugo di Grenoble; un magnifico Tintoretto con firma Tentor dal titolo Madonna con i Santi Vittore e Nicola di Bari.
IN VIA DEL PARADISO
Benvenuti in via del Paradiso (un nome che è già un programma...) nel cuore antico di Feltre. Qui si trova un gioiello della storia e dell'arte religiosa veneta: il nuovo Museo che la Diocesi di Belluno-Feltre aprirà al pubblico dal 12 maggio prossimo, allargando un percorso museale iniziato nel 2007 e completato in questi giorni. In tutto il visitatore avrà a disposizione ben 27 sale, la possibilità di visitare un Palazzo completamente restaurato con ben 7 milioni di euro ottenuti grazie al sostegno di Regione, Fondazione CariVerona, Diocesi stessa, la Comunità montana feltrina, e il contributo dei Fondi strutturali europei sotto l'occhio vigile della Soprintendenza alle Belle Arti del Veneto. Un lavoro importante, lungo e delicato condotto da due professionisti Gloria Manera (architetto); Siro Andrich (ingegnere) guidati da Tiziana Conte, conservatrice del Museo e la supervisione di monsignor Carlo Mazzorana, sacerdote e storico dell'arte. Si tratta di un viaggio non solo ricco di significato artistico, ma anche di tutela, dalle origini all'arte contemporanea con Mimmo Palladino e Arnaldo Pomodoro.
CROCIFISSI E LEGNO INTAGLIATO
«Dopo un'attenta catalogazione peraltro ancora in atto - spiega la conservatrice Conte in questo museo sono giunte opere da tutta la Diocesi. Molti pezzi li abbiamo trovati abbandonati, alcuni semidistrutti dall'incuria del tempo; molti altri sono stati collocati in questo spazio per difenderli dagli atti vandalici che hanno colpito alcuni edifici di culto, come la straordinaria Certosa di Vedana, a qualche chilometro da Feltre». E quello che si apre al visitatore è un misto di devozione popolare con gli ex voto; con i crocifissi in legno intarsiati, fino all'oreficeria cesellata e bullonata: ostensori, coppe, bicchieri, piccoli oggetti di culto. Insomma, una wunderkammer che si snoda in un percorso che, se da un lato dà spazio all'arte, dall'altra racconta il palazzo. Un edificio di cui si ha testimonianza fin dal 1290 come castrum e che nel corso del tempo si trasforma. Incendi e saccheggi lo mettono a dura prova, ma con gli anni il palazzo sopravvive a se stesso, abbellito, ricostruito e modificato. Ci pensano i vescovi, come Bartolomeo Gera, dal Comelico (1602-1681) che fa dipingere affreschi e pareti ligne con motivi floreali tipici del suo luogo di origine, ma fa realizzare anche pavimenti alla veneziana.
CASERMA E COLONIA PER BIMBI

Ma poi, quando i vescovi decidono di scegliere un'altra sede, il palazzo subisce un lento ed inesorabile declino. Lo occupano prima le truppe asburgiche, poi quelle francesi. Durante la Prima Guerra Mondiale ospita 500 soldati e 40 quadrupedi. Poi diviene ospedale militare austriaco; nel 1920, Tribunale militare di guerra e infine, subendo pesantissimi sventramenti un convento; Casa del Clero e infine colonia estiva dell'Opera sordomuti sino all'abbandono definitivo e, infine, l'avvio del recupero alla metà degli anni Duemila. In questa fase è stato toccante il ritrovamento sugli stipiti di alcune porte e sulle pareti della parte più in alto dell'edificio di alcune scritte fatte dai soldati della Grande Guerra. Piccole frasi, scritte e disegni ad inchiostro che i restauratori hanno opportunamente lasciato come Abaso la guera; Macello umano fino ad un Voliamo la pace. Frasi che raccontano uno dei peggiori periodi della storia del Novecento e di Feltre in particolare che si trovava sul fronte. Un viaggio nella storia che, proprio per conoscere più a fondo la devozione popolare non può che concludersi con la visita sul monte Miesna al Santuario dei Santi Vittore e Corona, edificato tra il XI e il XII secolo. Un gioiello romanico che consente di vedere dall'alto Feltre, la città verticale chiamata così le sue alte torri.
Paolo Navarro Dina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino