LONDRA - La Brexit inizia la settimana prossima. Il 29 marzo, mercoledì, la premier britannica Theresa May premerà ufficialmente il pulsante d'espulsione che, nel giro di due...
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La May ha passato gli ultimi nove mesi a definire la maniera intransigente in cui il governo britannico intende portare avanti il dossier più difficile dal dopoguerra ad oggi, a superare un passaggio parlamentare che non era scontato e che le è stato imposto da una sentenza dell'Alta Corte e da una della Corte Suprema, e a misurare il proprio spazio di manovra forte del fatto che l'economia non ha dato segni di quella catastrofe che molti prevedevano in caso di voto a favore della Brexit. Ma da mercoledì prossimo la clessidra verrà girata e non solo Londra non potrà tornare indietro, ma dovrà trarre il massimo da una mancanza di tempo che gioca tutta a favore degli altri Stati membri, i quali, per avere tempo di ratificare l'accordo raggiunto, chiedono che il tavolo negoziale duri solo 18 mesi. In teoria, nel caso non venisse raggiunto nessun accordo, i negoziati potranno essere estesi, ma solo con il consenso di tutte le parti, oppure Londra si troverà a gestire i rapporti commerciali con la Ue attraverso le regole penalizzanti del WTO. Sebbene la May abbia rispettato appieno la scadenza di fine marzo indicata ai partner europei, il primo punto all'ordine del giorno è stato già segnato da varie controversie. Si tratta del conto che Londra deve saldare prima di lasciare il club: si parla di 60 miliardi di sterline, ma sia la camera dei Lord che il ministro degli Esteri Boris Johnson hanno detto che nulla vincola il governo a pagare. Da Bruxelles, ovviamente, non sono d'accordo. E non è che l'inizio. (Cr.Mar.)
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Il Gazzettino