Berlusconi al Ppe: «L'Italia rischia il crollo del rating»

Berlusconi al Ppe: «L'Italia rischia il crollo del rating»
IL CENTRODESTRAROMA «Un bel tacere non fu mai scritto». Con i suoi interlocutori Berlusconi utilizza il verso attribuito al poeta italiano del seicento Badoer per cucirsi la...

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IL CENTRODESTRA
ROMA «Un bel tacere non fu mai scritto». Con i suoi interlocutori Berlusconi utilizza il verso attribuito al poeta italiano del seicento Badoer per cucirsi la bocca. Evita di affondare il colpo sui lavori in corso tra M5s e Lega. Non sempre però.

Due giorni fa con i leader Ue del Ppe non ha resistito. Ha letto pubblicamente davanti a Orban, Tusk, Daul e gli altri capi di Stato e di governo presenti a Sofia parte del programma dei Cinque stelle e del Carroccio. Si è soffermato, per esempio, sullo stop alla Tav, sulla richiesta alla Bce di cancellare 250 miliardi di debito. Ad un certo punto - racconta chi c'era - si è messo anche a ridere. Poi l'allarme, serissimo: c'è il rischio, ha spiegato, che le agenzie internazionali facciano crollare il rating dell'Italia, che la Banca centrale non compri più i titoli di Stato del nostro Paese, che ci sia un effetto contagio. «Tutti sono preoccupati», ha poi spiegato ai giornalisti non facendo però commenti né su Di Maio né su Salvini. Ma al vertice ci è andato giù pesante: «La situazione può sfuggire di mano».
ANGOSCIATO
L'ex premier è sconcertato, angosciato. «Fanno dichiarazioni a Borse aperte, sono irresponsabili. Le banche esposte rischieranno il tracollo». Timori per le sue aziende ma non solo. E' il sistema Paese, a detta dell'ex presidente del Consiglio, che potrebbe subire conseguenze. Soprattutto se M5s e Lega continueranno nella corsa a misure anti-Ue e a puntare sullo sforamento del 3% nel rapporto deficit-Pil. «Uscire dall'euro significherebbe fare un danno enorme alle famiglie, ai risparmiatori, all'economia reale», avverte il presidente dell'Europarlamento, Tajani. Più passa il tempo e più Berlusconi si convince che non è ipotizzabile alcun supporto ad un esecutivo giallo-verde. FI voterà contro, darà una mano solo di fronte a provvedimenti di interesse nazionale, come la sterilizzazione dell'aumento dell'Iva. «Salvini il suo ragionamento - non fa il premier, a palazzo Chigi non andrà un esponente della Lega, il programma è grillino. Perché dovremmo sostenerli? Così è impossibile».
MANETTARI

Non più alla finestra. Il leader azzurro ha già tracciato una linea netta. E non è neanche un problema di nomi. Poco importa se l'esecutivo dovesse essere guidato da Di Maio. «Ci farebbero un favore», dicono in FI. La bocciatura è sul contratto. La vicepresidente della Camera Carfagna lamenta la mancanza di un piano per il sud, il portavoce dei gruppi azzurri Mulè si sofferma sul capitolo giustizia: «È manettaro». La capogruppo Gelmini parla di «giustizialismo grillino». Si sottolinea la vaghezza di alcune norme, come per esempio le misure sulla prescrizione. Si rimarca come sull'occupazione non ci sia nulla di concreto. Ma il tema sul tavolo è anche un altro. Ovvero l'alleanza di centrodestra. Per la Meloni non c'è più. La presidente di FDI sta resistendo alle offerte (l'ultima prevede per lei il dicastero degli Esteri e la Difesa per un altro esponente) sul governo, dice che la Lega non parla a nome della coalizione. Nel contratto, questa la denuncia di FI e FdI, si sottolinea che per le amministrative M5s e Lega sigleranno un patto di non belligeranza. L'ex premier su questo punto è prudente, ritiene che sia solo un tentativo di blindare il governo, ma un'ulteriore riflessione la farà proprio dopo la prossima tornata elettorale. Se al voto di giugno FI dovesse crollare l'ex presidente del Consiglio taglierebbe i ponti con la Lega.
Emilio Pucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino