Baby gang: «Nelle scuole non si fa più prevenzione»

Baby gang: «Nelle scuole non si fa più prevenzione»
L'EMERGENZATREVISO «La prevenzione con i ragazzi nelle scuole è stata di fatto azzerata. Cinque anni fa avevamo avvertito tutti dicendo che poi saremmo stati costretti a...

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L'EMERGENZA
TREVISO «La prevenzione con i ragazzi nelle scuole è stata di fatto azzerata. Cinque anni fa avevamo avvertito tutti dicendo che poi saremmo stati costretti a raccogliere i cocci. E oggi siamo arrivati a questo punto». A parlare è Fabio Tesser, operatore di strada delle parrocchie ed educatore della cooperativa La Esse. Non nasconde l'amarezza. Il pestaggio dei bagnini a Jesolo da parte di un gruppo di minorenni trevigiani non è che la punta di un iceberg. «I ragazzi oggi non sono preparati al fatto che se c'è un'azione poi c'è anche una conseguenza fa il punto Tesser e sono così perché, purtroppo, sono impreparati anche i loro genitori, che si ritrovano nella condizione di non conoscere i servizi che possono avere a disposizione per ricevere un aiuto. Di conseguenza, i giovani si ritrovano a dover far esperienza del limite direttamente sulla propria pelle. È in questo modo che nascono i comportamenti fuori dalle righe».

LE DIFFICOLTA'
Come quello di Jesolo. Tesser conosce molto bene il mondo dei giovani di Treviso e dintorni. Così come le sue criticità. I minorenni che hanno pestato i bagnini in spiaggia non frequentano il quartier generale degli operatori di strada delle parrocchie sotto la chiesa di San Martino, lungo il Corso del Popolo, punto dal quale vengono osservati i comportamenti di oltre 2mila ragazzi all'anno. Nonostante questo, ha ben presente di chi si sta parlando. «Li conosciamo conferma ma come sempre adesso stanno emergendo più versioni dell'accaduto. Era capitato anche con l'aggressione ai danni dell'autista della Mom davanti alla stazione delle corriere. Sta succedendo la stessa cosa». Difficile, quindi, entrare nel merito della spedizione punitiva di Jesolo, fermo restando che è sempre inaccettabile che qualcuno alzi le mani su altre persone.
SENZA RISORSE

La prima domanda che si fanno gli educatori in questi casi è una sola: dove si può intervenire per evitare che si ripetano situazioni simili? «La prevenzione non esiste più. È stata sostanzialmente cancellata dalle scuole. Non solo i grandi progetti. Anche quelli micro, magari sembrava non servissero, ma in realtà davano dei punti di riferimento. Oggi non vengono più finanziati è l'analisi degli operatori di strada tutti i servizi sono scollegati tra loro. La scuola è stata lasciata sola. In questa condizione spesso finisce con il dare ragione ai genitori dei ragazzi, in modo da evitare possibili scontri. Ma non me la sento nemmeno di colpevolizzare le famiglie. Sono anche loro delle vittime. E quando si sentono attaccati vivono una sorta di fallimento e si difendono, pure superando i limiti. Ed ecco che allora ci sono le aggressioni ai danni dei professori. L'obiettivo primario è dare gli strumenti alle famiglie». Ci sono alcuni esempi di istituto virtuosi su questo fronte. Il Turazza, ad esempio, fa entrare in classe un educatore per un'ora a settimana in tutte e nove le prime. Ma in molti altri casi c'è il deserto. «Ci sono un sacco di famiglie che si rivolgono a noi perché non sanno dove altro andare conclude Tesser capita quando ci sono delle bocciature o quando c'è un uso di sostanze stupefacenti, giusto per fare due esempi. I minimo comune denominatore è sempre lo stesso: i genitori davanti a una crisi dei loro figli non sanno come muoversi e cosa fare, e molte volte nessuno va loro incontro».
Mauro Favaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino