ATTIVITÀ SPORTIVE PORDENONE Sono le attività - assieme a quelle legate

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ATTIVITÀ SPORTIVEPORDENONE Sono le attività - assieme a quelle legate alla cultura e allo spettacolo - che rischiano di pagare il prezzo più pesante della pandemia. Palestre,...

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ATTIVITÀ SPORTIVE
PORDENONE Sono le attività - assieme a quelle legate alla cultura e allo spettacolo - che rischiano di pagare il prezzo più pesante della pandemia. Palestre, piscine e centri benessere sono chiuse dallo scorso 25 ottobre e non riapriranno prima del 5 marzo. Se si sommano gli oltre due mesi di blocco durante il lockdown della scorsa primavera il settore sconta quasi sei mesi di chiusura totale. Nelle ultime ore il Comitato tecnico scientifico ha validato un nuovo protocollo per l'eventuale riapertura degli impianti sportivi.

REGOLE STRINGENTI
Oltre all'uso dei dispositivi di protezione, al distanziamento e alle continue igienizzazioni (misure utilizzate durante i mesi estivi, fino allo stop di ottobre) è prevista in palestra la distanza di due metri, in piscina di dieci metri per chi nuota. Uso vietato delle docce e limitato degli spogliatoi. Pulizia e sanificazione di ciascuno strumento dopo ogni singolo utilizzo. Cose che, già in parte, gli operatori del settore avevano cominciato a fare anche attraverso cospicui investimenti effettuati prima del secondo lockdown di comparto scattato a ottobre. «Se dobbiamo riaprire con quelle regole che stiamo vedendo circolare meglio rimanere chiusi e ricominciare quando si potrà lavorare senza il rischio di andare in perdita per le troppe spese». Non ha dubbi Remo Tellan, titolare dell'Olympia's Center di Sacile nonché rappresentate della categoria degli Operatori del benessere di Ascom-Confcommercio provinciale. Un sistema di palestre, centri di wellness e fitness che coinvolge un numero importate di operatori e di addetti. «Attività - aggiunge l'imprenditore del benessere - dietro alle quali ci sono imprese che hanno chiuso il 2020 con perdite di bilancio che in media si aggirano tra il 50 e il 60% rispetto ai numeri dell'anno precedente. D'altra parte non si è lavorato per tanti mesi e in più, a maggio, tutte le aziende avevano investito per mettere in sicurezza luoghi e attività per ripartire. Poi però ci hanno ribloccato». Le difficoltà restano nonostante i ristori. «Ristori? Certo - aggiunge Sellan - meglio di niente. Ma in media i soldi che sono arrivati alle società sono serviti per coprire una mensilità del canone di locazione dei locali. Quindi - allarga le braccia l'imprenditore sacilese - si capisce la situazione. Certo, per chi ha dipendenti è scattata la cassa integrazione e per i collaboratori sportivi le indennità una tantum. Ma sono molte le attività che hanno dovuto rivolgersi alle banche. E molte sono in ginocchio. Da alcune stime della nostra categoria nazionale emerge che almeno tre attività su dieci non saranno in grado di riaprire».
IL PARADOSSO

Il settore dello sport e del benessere però non si arrende. «E dire che siamo attività che in qualche modo producono salute. Ci sono - aggiunge Sellan - studi scientifici che mostrano come i nostri sono luoghi con possibilità di contagio davvero molto basse. È quasi paradossale che siamo stati accantonati. Quando l'Oms stessa sostiene che ogni euro investito in salute ne fa risparmiare quattro in sanità. Senza contare le patologie che stanno aumentando proprio perché non si fa attività fisica e motoria». Infine un rammarico: «Si è puntato molto sui Campionati mondiali di Cortina che comunque fanno girare una cosa come 7, 8mila persone per una ricaduta stimata di un miliardo di euro. Bene, ma perché ci si dimentica di un comparto che a livello nazionale produce un giro d'affari di circa 15 miliardi l'anno?».
D.L.
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Il Gazzettino