Alessandro Campi Leader che cadono, leader che ascendono. E con una velocità

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Alessandro Campi Leader che cadono, leader che ascendono. E con una velocità tale che non fai in tempo a imparare un nome o a...

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Alessandro Campi

Leader che cadono, leader che ascendono. E con una velocità tale che non fai in tempo a imparare un nome o a riconoscere un volto che già ti tocca aggiornare la galleria dei ritratti che sta nella tua memoria sotto la voce uomini politici importanti. La politica contemporanea è davvero una maionese impazzita. Per meglio dire, un film che scorre troppo veloce, i cui attori cambiano continuamente. Sebastian Kurz, classe 1986, cancelliere austriaco dal 2017 al 2021, era l'uomo nuovo (e forte) del popolarismo europeo, una sorta di Merkel in doppiopetto e con la brillantina. Uno cresciuto a pane e politica. Sveglio, capace, nonché pronto a tutto pur di stare al potere: per due anni ha governato coi nazional-populisti, poi si è alleato coi Verdi. Sino allo scandalo che l'ha travolto nell'ottobre di quest'anno: accusato di aver impiegato soldi pubblici per pagarsi sondaggi privati (per di più taroccati). Qualche giorno fa ha annunciato il suo irrevocabile ritiro dalla scena pubblica, a nemmeno quarant'anni. Pare voglia dedicarsi al figlio appena nato. Encomiabile, anche se detta così fa un po' ridere. Éric Zemmour, classe 1958, era sino a poche settimane fa il più popolare opinionista della destra nazionalista francese: un conservatore rude (un fascista, secondo i suoi avversari, con l'aggravante d'essere un ebreo che usa le sue origini religiose come schermo per l'estremismo verbale di cui è maestro) che da anni si batte per la difesa dell'identità francese minacciata dall'islamismo.
Segue a pagina 23
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Il Gazzettino