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Questa volta non c’entra la maxi-inchiesta del quotidiano francese Le Monde, che si focalizzava sull’allarme generato dai cosiddetti Pfas, cioè gli agenti inquinanti in grado di provocare un danno definito perenne, quindi non risolvibile nemmeno nell’arco temporale di un secolo. In questo caso nel “calderone” c’è un po’ di tutto. Ma la fonte è più vicina rispetto a quella del giornale parigino. I dati, infatti, sono quelli più aggiornati di tutti e a firmare la mappa è la Regione. Nel dettaglio la Direzione centrale difesa dell’ambiente, energia e sviluppo sostenibile. È il catalogo di tutti i siti del Friuli Venezia Giulia caratterizzati da una situazione di inquinamento. E le sostanze sono diverse.
IL QUADRO
Bisogna fare una premessa doverosa. Moltissimi siti tra quelli indicati dalla mappa regionale sono caratterizzati da un fatto: oltre alla conoscenza della fonte inquinante, c’è già in atto anche una procedura pubblica per arrivare a una soluzione, quindi al risanamento della situazione. I puntini segnati dalla cartina però sono tanti. E le sostanze anche: si va ad esempio dal piombo ad altri metalli pesanti, fino agli idrocarburi e ai rifiuti generici. E la situazione è abbastanza omogenea su tutto il territorio regionale, anche se visivamente la concentrazione maggiore di siti segnati come inquinanti compare in provincia di Trieste.
Il “viaggio” parte però dal Friuli Occidentale, quindi dalla provincia di Pordenone.
FRIULI CENTRALE
In provincia di Udine salta immediatamente all’occhio la concentrazione di punti catalogati dalla Regione che si trovano in corrispondenza di Porto Nogaro. Anche in questo caso di varia dai metalli pesanti agli idrocarburi, ma c’è da sottolineare come proprio a Porto Nogaro ogni punto sia accompagnato a un progetto di bonifica codificato e avviato. A Torviscosa il problema è rappresentato invece dai composti organici volatili. Non mancano nemmeno in provincia di Udine le situazioni legate all’inquinamento delle acque sotterranee, un problema condiviso da tutta la regione e un fatto ormai storico, soprattutto se si parla delle falde più superficiali. Non è un caso se tante fontane nelle città ormai non erogano più acqua potabile. E in questo caso la colpa sempre più spesso è da ricondurre ai prodotti utilizzati in agricoltura nei decenni passati, anche se l’Arpa sta cercando sempre più sostanze, anche di concezione più recente.
Ci si sposta poi nei territori di Gorizia (Monfalcone in questo caso è il comune che ha più siti definiti come inquinati e l’allarme riguarda anche i terreni) e Trieste. Nell’ambito del capoluogo regionale, ad esempio, è citata l’area ex Noghere. Ma c’è anche la zona del porto vecchio, con due punti interessati e la presenza anche di diossine. Una mappa che risulta in continuo movimento ma che testimonia anche un lavoro certosino di catalogazione da parte delle autorità regionali. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino