Una Lista Zaia primo partito, più ancora del 2015. Una Lega fortissima, con consiglieri legati strettamente al governatore. E basta. Niente listarelle, niente civiche di...
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oprannominato Zaiellum per via dell'iniziale super premio di maggioranza (era previsto il 65% dei seggi a chi prendeva più del 45% dei voti), il nuovo sistema elettorale ha visto una sostanziale modifica dopo il pressing dell'opposizione. La soglia è stata abbassata al 40%: chi prende meno voti avrà 28 consiglieri su 51 (pari al 55%), chi prende dal 40% in su avrà 30 consiglieri (60%). Con l'attuale sistema per avere il 60% bisognava superare il 50%. Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e il resto delle opposizioni sono riuscite anche a strappare l'impegno di assegnare alla minoranza la presidenza della commissione consiliare di controllo, la Quarta. Ma su pluricandidature ed eliminazione delle incompatibilità, la maggioranza non ha ceduto di un millimetro. Anzi, a sorpresa con un emendamento del presidente della Prima commissione Marino Finozzi ha pure eliminato per i consiglieri (ma non per governatore e assessori) il limite dei due mandati. Bocciata invece la proposta di Graziano Azzalin (Pd) di aumentare da 2 a 3 i consiglieri di Rovigo e Belluno.
L'HAREM
Il punto più controverso riguarda le pluricandidature, cioè la possibilità per il candidato governatore di candidarsi come consigliere semplice non più in un massimo di tre collegi, ma in tutti e sette. Perché? La pluricandidatura su tre collegi introdotta con la riforma del 2012 aveva un senso: salvaguardare i candidati governatori minori. La legge, infatti, garantisce l'elezione al vincitore e al secondo arrivato, tanto che la ripartizione dei 51 consiglieri è la seguente: 49 eletti più il governatore eletto più il candidato governatore arrivato secondo. Ad esempio, il pentastellato Jacopo Berti, arrivato terzo nel 2015, non sarebbe entrato al Ferro Fini se non si fosse fatto eleggere come consigliere nel collegio di Padova. Ma perché estendere le pluricandidature a tutti i sette collegi provinciali? La lettura che viene data a Palazzo - ovviamente con l'attuale situazione politica - è che Zaia, candidandosi ovunque capolista per la Lega, oltre che presentando la lista col proprio nome, farà cappotto. E bastandogli appena il 40% dei voti per avere un'ampia maggioranza in aula, potrebbe anche fare a meno degli alleati, forte tra l'altro di una compagine consiliare che, con la doppia preferenza di genere, gli farà portare in consiglio almeno sette fidatissime elette.
I commenti in aula si sono sprecati: «Il gorilla che si candida dappertutto e tira su un harem» (Stefano Fracasso, Pd), «Le sette amazzoni» (Andrea Zanoni, Pd), «Sette spose per un fratello? Tutte le donne del presidente?» (Orietta Salemi, Pd). Mentre il dem Graziano Azzalin ha provocato gli alleati minori: «L'indipendentista Antonio Guagnagnini che voleva fare un calendario con i soldi della Regione dovrà accontentarsi di un calendarietto da portafoglio perché non peserà più nulla». Contestata l'eliminazione dell'incompatibilità tra consigliere regionale e comunale, che peraltro scatterà subito: si sono candidati e saranno compatibili Roberto Ciambetti a Vicenza e Riccardo Barbisan e Federico Caner a Treviso. Oggi pomeriggio il voto finale. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino