West Nile a Padova: positivo un donatore di sangue. Altri quattro ricoveri

L'ospedale di Schiavonia
PADOVA - Ancora cinque casi confermati di West Nile virus nel Padovano nelle scorse 24 ore. Continua a salire il bilancio del focolaio epidemico della cosiddetta “febbre del...

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PADOVA - Ancora cinque casi confermati di West Nile virus nel Padovano nelle scorse 24 ore. Continua a salire il bilancio del focolaio epidemico della cosiddetta “febbre del Nilo”, che ormai arriva a 45 positività registrate dal Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss 6 da fine giugno ad oggi. Tra queste, si contano 24 forme neuroinvasive ed encefaliti. Tre, finora, le vittime. Ieri sono stati segnalati quattro nuovi ricoverati, tutti anziani, rispettivamente di: 71 anni, 74 anni, 84 anni e 87 anni. Tre di questi sono assistiti nel reparto di Neurologia dell’ospedale di Schiavonia, con lieve encefalite e compromissione del sistema nervoso. Il quarto padovano è degente all’ospedale San Bortolo di Vicenza. Oltre a questi, sempre ieri, è stato individuato un altro caso di West Nile in un donatore del sangue. La positività è emersa durante i controlli di routine che si fanno in questo periodo sui campioni di sangue.

Malattie trasmesse da Zanzare, pappataci e zecche

Cresce così l’allarme legato alle Arbovirosi - un gruppo di malattie virali trasmesse da zanzare, pappataci e zecche - sempre più diffuse in provincia di Padova, anche a causa della siccità e delle condizioni climatiche. «Il virus è stato isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda dal sangue di una donna con sintomatologia febbrile, proveniente dal distretto di West Nile - racconta il dottor Valerio Valeriano, del Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss - da qui, il nome West Nile disease. Il virus è mantenuto in natura da un ciclo primario di trasmissione zanzara-uccello-zanzara. Significa che le zanzare si infettano pungendo uccelli (ospiti amplificatori o serbatoio). Il West Nile virus, una volta ingerito, è in grado di diffondere nell’organismo della zanzara, dove si moltiplica localizzandosi a livello delle ghiandole salivari per poi essere trasmesso ad un altro uccello. La siccità favorisce questo ciclo, perché i bacini d’acqua sono pochi e stagnanti. Ecco che lì si concentrano sia zanzare che uccelli». Ma non finisce qui. «Il ciclo secondario si manifesta quando le zanzare adulte trasmettono il virus agli umani ed ai cavalli, che entrano quindi nel ciclo di trasmissione e sono interessati dall’infezione», precisa il dottor Valeriano. Secondo l’esperto, le dimensioni del contagio sono sottostimate. «La pandemia Covid ha resettato la sanità - commenta - oggi chi riscontra un po’ di febbre, dolore e spossatezza la prima cosa che pensa è il Covid. Magari si va a fare un tampone, vede che è negativo, tira un sospiro di sollievo e si prende un antipiretico. Molti casi di positività da West Nile virus sono schermati e non emergono, perchè non si presentano sintomi importanti». Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale.

 

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Il Gazzettino