Violenta la figlia di due anni e mezzo, si riprende e vende il video ai pedofili

Violenta la figlia di due anni e mezzo, si riprende e vende il video ai pedofili
TREVISO - Un video finito al centro di un'indagine della polizia postale australiana ha svelato l'orrore e portato in carcere un quarantaseienne residente nella provincia...

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TREVISO - Un video finito al centro di un'indagine della polizia postale australiana ha svelato l'orrore e portato in carcere un quarantaseienne residente nella provincia di Treviso. L'accusa è quella di aver violentato sua figlia di due anni e mezzo, aver ripreso le performance e averle poi vendute ad un circuito di pedofili dall'altra parte del mondo, in Australia appunto, pensando di farla franca e che quel terribile segreto restasse sempre con lui. Nell'anonimato. Ma alcuni fotogrammi di quei video pedopornografici amatoriali, l'hanno incastrato. L'uomo è stato così arrestato l'altro giorno su ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari di Venezia, Massimo Vicinanza, che ha accolto le richieste dei sostituti procuratori lagunari Giorgio Gava e Roberto Terzo, chiamati a tirare le file di  un'indagine condotta dalla Squadra Mobile di Venezia e della Polizia postale. Il quarantaseienne, ora in carcere a Treviso, sarà ascoltato per rogatoria nei prossimi giorni. E al giudice dovrà spiegare la sua posizione rispetto alle accuse di violenza sessuale aggravata e commercio di materiale pedopornografico.


LA RETE AUSTRALIANA
L'indagine che l'ha smascherato ha preso il via nei mesi scorsi in Australia dove la polizia postale dello stato stava lavorando ad un'inchiesta sulla pedofilia in rete. È sequestrando e osservando centinaia e centinaia di filmati ad alto tasso erotico e con protagonisti minorenni, in alcuni casi anche dei bambini, che i poliziotti australiani sono stati attirati dai particolari di un video che sullo schermo rimandava un atto sessuale tra un uomo e una bambina di poco meno di tre anni. Nel suo video l'adulto parlava in italiano e in alcuni istanti si era anche fatto vedere in viso. In un altro frame, poi, aveva ripreso anche la targa italiana di un'automobile

Particolari sufficienti, secondo la polizia australiana, per alzare il telefono e chiamare i colleghi della polizia postale italiana. Una volta informati e ricevuto il video, mettendo insieme l'accento veneto, il volto dell'uomo e incrociando i dati della targa dell'automobile, non è stato difficile per gli inquirenti italiani scovare il paese della Marca in cui l'uomo viveva con la figlia piccola, senza la madre.

VENDEVA I FILMATI
Le informazioni fornite dalla polizia australiana sono servite agli investigatori della polizia Postale del Veneto e della Squadra Mobile di Venezia per tracciare un quadro preciso delle accuse al quarantaseienne. Che per diversi anni, da quando la sua figlia aveva soltanto due anni e mezzo, aveva dato il via alla sua follia.

Installava una telecamera e si riprendeva mentre abusava della figlia lontano da occhi indiscreti. Quei video, poi, il quarantaseienne trevigiano li metteva in vendita nelle chat internet di ritrovo per pedofili. Stando ai risultati dell'inchiesta, la piazza migliore del trevigiano risultava essere proprio l'Australia, dove uno dei suoi video era stato cliccato e visto decine di volte, tanto da finire nella rete aperta dall'indagine della polizia postale del continente.

Tutti riscontri che sono finiti sul tavolo della procura di Venezia, competente in tema di pedopornografia in quanto procura Distrettuale. Sono stati i pubblici ministeri Terzo e Gava a scandagliare le carte fatte arrivare dall'altra parte del mondo e rimesse in ordine dalla polizia italiana, che ha stretto il cerchio attorno al quarantaseienne trevigiano partendo proprio dalle parole pronunciate nel video, dal suo volto e dalla targa dell'automobile: i particolari capaci di attirare l'attenzione della polizia australiana. Una volta che il quadro è sembrato completo, ecco la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata al giudice Vicinanza, che dal canto suo ha dato il via libera all'arresto. E per l'uomo si sono aperte le porte del carcere.
Nicola Munaro
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Il Gazzettino