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CONA - Chi, entrando a Cona, incontra il cartellone che la qualifica come “Città del Vino”, potrebbe pensare che si tratti di una denominazione risalente alla tradizione agricola di queste terre, a prodotti di nicchia della civiltà contadina ai quali si rende omaggio più per memoria che per importanza economica. Ma non è così. La partecipazione di Cona all’Associazione nazionale che raggruppa le Città del Vino, risale solo al 2013 ed è basata, certamente, su una storia di cooperazione che, con la sua cantina sociale, dal 1960, unisce e valorizza il lavoro di centinaia di produttori ma, soprattutto, a una scelta innovativa, a partire dal 2010, che ha portato questa “periferica” cantina sociale ad essere uno dei maggiori produttori mondiali di Prosecco biologico Doc.
Il boom
«Negli ultimi dodici anni – spiega il presidente Stefano Tromboni - anche grazie al forte e veloce sviluppo del “fenomeno” Prosecco, la viticoltura si è fortemente estesa ed evoluta, dal punto di vista tecnico e meccanico, arrivando ad essere il comparto trainante del settore agricolo. L’obiettivo della Cantina di Cona è stato, negli anni, quello di seguire le aziende agricole da un punto di vista tecnico, fornendo supporto in tutte le fasi di coltivazione. Mettiamo infatti, a disposizione dei nostri Soci, la competenza di un agronomo specializzato ed inoltre una notevole quantità di strumenti e di macchine per agevolare la coltivazione e la raccolta, rendendole più veloci ed efficienti». Il risultato di questa impostazione è stato, quest’anno, una vendemmia record, con 310mila quintali di uva, conferiti dai soci, e un fatturato che si attesta sui 30 milioni di euro, qualificando quella di Cona come la più grande cantina del Veneto meridionale. I vitigni a bacca bianca prevalgono nettamente e rappresentano più del 90% delle uve lavorate in Cantina. Il 65% dei conferimenti (circa 200.000 quintali) appartengono alla varietà Glera, destinati a diventare il pregiato e redditizio Prosecco Doc, il cui disciplinare, rigorosamente seguito dalla Cantina, ne permette la produzione anche in parte delle province di Padova e Venezia che sono quelle su cui insistono la maggior parte dei vigneti dei 320 soci, senza dimenticare le coltivazioni del rodigino e del veronese che fanno sommare a 1600 ettari la superficie che afferisce alla Cantina di Cona.
Qualità
Un altro dato che merita di essere citato è che circa il 30% delle uve lavorate provengono da vigneti biologici. La Cantina stessa, infatti, gestisce un’azienda agricola di 150 ettari totalmente biologici. La qualità della produzione fa sì che i vini di Cona siano richiesti dai maggiori imbottigliatori a livello nazionale. Un risultato frutto anche dell’innovazione tecnologica (più del 95% delle uve conferite sono raccolte meccanicamente) a sua volta favorita dalla forma cooperativa poiché, spiega Nazzareno Augusti, segretario di Confagricoltura Chioggia, «gli agricoltori, avendo certezza del ritiro del prodotto e di una liquidazione a un prezzo di mercato sicuro, sono stati incoraggiati ad investire in tecnologie all'avanguardia, come gli impianti a goccia, che hanno permesso di superare anche il periodo della siccità» e la stessa Cantina ha investito, negli ultimi 12 anni, oltre 14 milioni di euro. Resta, però, sempre aperto, per i territori coltivati il problema della risalita del cuneo salino per il quale, conclude Marco Aurelio Pasti, presidente di Confagricoltura Venezia «le istituzioni pubbliche devono garantire adeguate infrastrutture».
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