OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
VIGONOVO - «Dopo le ruberie nelle abitazioni, prima ancora del periodo delle grandi rapine e successivamente del traffico di droga e il controllo dei casinò del Veneto e della ex Jugoslavia, il furto delle casseforti era una delle nostre maggiori attività redditizie, una di quelle che ci rendeva davvero ricchi» dice un vecchio componente della Mala del Brenta, ora in pensione. Frequenta un bar di Vigonovo e parla volentieri col cronista, «a patto che il mio nominativo non venga divulgato e che mi paghi da bere». L'uomo vive con una misera pensione e, come gran parte dei componenti della vecchia Mala del Brenta, il crimine non lo ha reso ricco. «Era una attività molto faticosa ma rendeva bene. Eravamo a cavallo degli anni ottanta. A quel tempo non esistevano ancora sistemi d'allarme e telecamere. Prendevamo di mira principalmente uffici postali e grandi imprese dislocate in tutto il Veneto. Una volta dentro gli uffici, facevamo scorrere fino all'uscita le casseforti su rulli in legno. Se non riuscivamo a caricarle su un mezzo a causa del loro peso, le legavamo dietro un veicolo e le trascinavamo per la strada fino al luogo dove venivano aperte con la fiamma ossidrica».
Il racconto
La rivelazione combacia perfettamente con un episodio successo in quel tempo a Premaore di Camponogara.
Le indagini
Intanto i carabinieri della stazione di Vigonovo e della Compagnia di Chioggia stanno cercando di fare luce sulla provenienza delle quattro voluminose casseforti ritrovate nei giorni scorsi a Galta. Gli scrigni sono incrostati di ruggine e fango, ma la targhetta ancora ben visibile individuata su uno di loro potrebbe essere d'aiuto. Poco cambia, però. Si parla di fatti avvenuti circa quaranta anni fa. Le casseforti sono state notate da un pescatore della zona, che in quell'invaso, profondo al centro anche quattro metri, ci va a pescare da oltre 30 anni. Come sopra riportato, con la siccità degli ultimi mesi la pozza si è prosciugata quasi del tutto e le casseforti sono emerse dell'acqua. E' stato lui a segnalarne la presenza degli scrigni ad un collaboratore del Gazzettino. «Ho sempre notato sott'acqua, in quel punto difficilmente accessibile e coperto dalla vegetazione, quelle strane forme metalliche racconta il pescatore M.M. - Mai avrei però pensato che fossero casseforti. Dopo l'inconsueto abbassamento del livello d'acqua di questa estate i forzieri sono rimasti all'asciutto e così mi sono reso conto che cosa rappresentassero in realtà».
Il Gazzettino