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BELLUNO - Era il primo settembre 2018 quando l’Ulss 1 Dolomiti cessò l’intervento dei veterinari pubblici sui selvatici investiti in provincia. «È un’attività non ricompresa tra i livelli essenziali di assistenza erogati dal servizio sanitario nazionale», disse. Da allora il vuoto: gli animali che non muoiono sul colpo non vengono curati.
LA STRAGE
E il fenomeno degli incidenti con fauna selvatica continua ad essere un’emergenza: solo tra domenica e ieri i carabinieri hanno registrato 7 investimenti. Alle 7.30 di domenica un capriolo a Santa Giustina. Un’ora dopo, alle 8.30, sempre a Santa Giustina un cervo. Alle 21.30 un cervo in Val di Zoldo. Nella notte, all’1.30, un capriolo a Fortogna. Poi ieri mattina alle 4.30 un cervo Belluno, vicino alla Veneggia un punto nero della viabilità provinciale per questo tipo di investimenti. Alle 5 un cervo Quero e mezz’ora dopo sempre lì un secondo cervo.
LE COMPETENZE
Ma la Ulss non ha competenza per il recupero notturno di animali selvatici feriti. Lo ribadisce Gianluigi Zanola, direttore dell’Unità operativa complessa Servizio veterinario di sanità animale del Dipartimento dell’azienda sanitaria. «La situazione è chiara - spiega -: la competenza dei selvatici è di Provincia e Regione».
IL PROTOCOLLO
Anche questo non è andato a buon fine e sono stati emanati due bandi, mai portati a termine. Nell’ultimo, in particolare, non è stato dato incarico al veterinario convenzionato, ora si sa che Palazzo Piloni sta lavorando ad un protocollo. Il consigliere delegato provinciale Franco De Bon non nasconde che «si sta lavorando ad un protocollo. Il problema è noto e deriva anche dal fatto che c’è carenza di organico all’interno del Corpo di Polizia provinciale. Un organico che, dopo averne parlato con la Regione, contiamo di ripristinare almeno per setto, otto unità. Un agente è recentemente entrato in servizio, arriva da Verona». Al direttore del Servizio veterinario della Ulss preme sottolineare come «manchino, è vero, a livello regionale i Cras, Centri di recupero per la fauna ferita, ma consideriamo sempre che si tratta di animali investiti, che versano spesso in condizioni molto gravi. La cura del selvatico – evidenzia Zanola – molto spesso non è possibile. Gli animali, nella maggioranza dei casi, riportano traumi troppo importanti, l’intervento che si fa, spesso è per salvaguardare l’animale stesso. Questo abbattimento, però, può essere fatto solo da persone formate. Siamo tutti d’accordo che animale sofferente non deve stare su strada». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino