TREVISO - I seminari non sono vuoti. E la diocesi è stata l'unica istituzione a fare appieno la sua parte in tema di accoglienza dei migranti. È dura la reprimenda del...
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Il Vescovo affida la sua ruvida replica a un'intervista trasmessa dal telegiornale di Tv2000, la tv della Conferenza episcopale italiana. E dopo aver ricordato che il 2014 e il 2015 la Caritas trevigiana ha accolto oltre 500 persone - «nessuna istituzione in Provincia di Treviso ha fatto questo, non certo i Comuni che hanno opposto una grande resistenza» - per primo liquida Zaia: «I nostri seminari non sono affatto vuoti. Certo non ci sono i seminaristi come un tempo, però sono ambienti utilizzati dalle diocesi in tanti modi. Suona un po’ strano puntare il dito contro le diocesi. Gran parte dei profughi arrivati a Treviso sono stati accolti in situazione d'emergenza e urgenza dalla Caritas».
Specifica poi che i seminari vengono utilizzati per ospitare scuole di teologia, biblioteche, musei diocesani: «Non è vero che i seminari sono vuoti. Se si dice questo bisognerebbe dire "Perché non ospitarli nelle scuole?"».
Monsignor Gardin prende a pretesto l'uso delle scuole per attaccare quei sindaci che si oppongono a qualsiasi soluzione. Senza mai nominarlo, punta il dito contro Stefano Marcon, primo cittadino di Castelfranco: «La nostra diocesi ha una scuola che è stata chiusa. Abbiamo proposto di collocare in questo edificio un certo numero di profughi. Da parte del Comune c'è stata una resistenza totale: con i controlli delle Usl e le verifiche sulle norme. Da una parte si chiede alla diocesi di ospitare nei propri ambienti. Quando invece si propone di ospitare queste persone in altri ambienti, c'è regolarmente l'opposizione dei sindaci che appartengono sempre alla stessa parte politica. Ci sono atteggiamenti molto contraddittori». E qui il riferimento è tutto per la Lega.
Gardin, con orgoglio, difende l'operato del mondo cattolico: «Ci fanno soffrire queste reazioni che imputano alla Chiesa una latitanza perché noi in realtà, senza fare molto chiasso, cerchiamo di stimolare una solidarietà. Stiamo portando avanti un progetto di presenze diffuse, non di gruppi numericamente troppo consistenti perché ci rendiamo conto che la gestione diventa difficile». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino