Il leccio risparmiato dal Vajont spezzato dalla furia del vento

Il leccio risparmiato dalla furia del Vajont abbattuto dal vento che ha sferzato la provincia
Quel che per l’acqua sono centimetri per il vento possono essere chilometri. Difficile mettere argini alla bufera, impossibile domarla a sacchi di sabbia. Così quello...

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Quel che per l’acqua sono centimetri per il vento possono essere chilometri. Difficile mettere argini alla bufera, impossibile domarla a sacchi di sabbia. Così quello che nemmeno al Vajont riuscì è riuscito all’uragano della Valbelluna. Il leccio monumentale di Villa Malcolm, a Longarone, non c’è più. Flagellato, sciabolato e spezzato in due, di cui una metà finita di sotto. OTTOBRE 1963 - OTTOBRE 2018. Cinquantacinque anni fa, il 9 ottobre 1963, lì sulla riva a ridosso di Castellavazzo il leccio aveva schivato l’onda. L’aveva vista scivolare via, mostruosa, imbufalita, quasi alzando i rami. In quella notte di tragedia salvò le radici perché in alto, riparato. La sera di lunedì 29 ottobre invece il vento ha avuto campo libero e mano pesante. Nessun argine, nessuna riva. Crack!

 
VILLA SPAZZATA, L’ALBERO NO
«Il leccio faceva parte del corredo arboreo di Villa Malcolm, che fu letteralmente spazzata via dall’onda del Vajont - racconta Anacleto Boranga, guida Naturalistica Ambientale che sabato pomeriggio alle 17 in Sala Bianchi sarà tra gli oratori del convegno Conserviamo gli alberi monumentali - Lui invece, il leccio, si salvò. Un’altra storia rispetto a quella della sequoia di 32 metri poco distante, che l’onda la prese in pieno resistendo e portandone tutt’ora il segno. Il leccio non fu toccato proprio perché era su quella riva verso Castellavazzo. E su quella riva, ora, l’ha spezzato il vento». 
MONUMENTALE PERCHÉ UNICO.
Il leccio era nel registro degli alberi monumentali del Veneto non tanto per dimensioni o età, ma perché albero di mare, in montagna. «L’età credo si aggirasse tra il secolo e il secolo e mezzo - spiega ancora Boranga - ma a renderlo “monumentale” era la sua unicità in una terra come la nostra. Il leccio è un albero mediterraneo eppure lì aveva trovato una situazione straordinaria dal punto di vista fitoclimatico che lo aveva fatto resistere, crescere e addirittura riprodursi. Era davvero incredibile, probabilmente si era creato un microclima che costituiva una sorta di effetto serra di tipo mediterraneo». «Ai suoi piedi, nate da lui, c’erano delle plantule - aggiunge - ma fino ad oggi nessuno era riuscito a farne nascere qualcosa. Forse ora che mancherà l’ombra del papà qualcosa si farà forza grazie al sole».
PAURA PER LA REGINA
E la Regina della Cajada come sta? L’abete bianco di 35 metri e 150 anni, meraviglioso abete bianco della foresta sopra Longarone, eletto albero del Veneto nel 2012. «Non lo so e sono preoccupato - ammette Boranga - ho chiesto informazioni, ma mi è stato detto che la strada non è ancora percorribile, impossibile verificare. Speriamo abbia resistito, sarebbe una perdita enorme».
GLI ALTRI MONUMENTI

«In questi giorni - conclude la guida naturalistica - voglio andare a vedere anche la quercia tra Castion e Levego, la più grande del Veneto, o i pioppi verso villa Miari, o ancora i castagni e i faggi sulle vette feltrine. La Val Visdende? Spettacolo sconvolgente. Fa paura». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino