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VENEZIA - «Non ti far più vedere al Tronchetto, o finisci a far compagnia ai pesci».
Renato Veizi, uno degli imputati accusati dalla Procura di aver fatto parte dell'associazione per delinquere di stampo mafioso capeggiata da Luciano Donadio, ha raccontato l'episodio ieri, in aula bunker a Mestre, dove è in corso il processo al presunto clan dei casalesi di Eraclea.
Veizi, 52 anni, albanese di origini, residente a Jesolo da quasi trent'anni, nel 2009 aveva iniziato a lavorare per la Venice Excursions di un imprenditore belga, Patrick Van Den Bremt, il quale aveva deciso di fare concorrenza agli altri operatori locali di trasporto turistico offrendo tariffe stracciate alle comitive che volevano per raggiungere Venezia.
LE MINACCE
La Venice Excursions non si diede per vinta. Anzi, cercò di estendere l'attività anche al Tronchetto, trovandosi subito di fronte il gruppo che per anni ha gestito i trasporti turistici in regime di monopolio: «Coco Cinese e i suoi uomini mi aggredirono e minacciarono, nonostante avessi detto loro che conoscevo i casalesi di Eraclea», ha ricordato Veizi, facendo riferimento all'imprenditore Otello Novello,da lui definito «il re del Tronchetto», ora indagato per favoreggiamento nei confronti degli esponenti della nuova Mala del Tronchetto (capeggiata da Gilberto Boatto, Paolo Pattarello e Loris Trabujo) nel procedimento appena chiuso dalla Procura antimafia di Venezia.
«HO VISTO LA MORTE»
Veizi ha raccontato di essere andato a chiedere nuovamente aiuto a Donadio che però non assunse alcuna iniziativa. Il boss di Eraclea si limitò a consigliare l'albanese di non andare all'appuntamento che gli era stato fissato. Ma il cinquantenne di Jesolo si presentò ugualmente: «Mi hanno preso di brutto, mi hanno rifilato una pizza in faccia: ho visto la morte - ha riferito al Tribunale - Mi hanno tenuto fino alle 10 di sera».
Rispondendo alle domande dei pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, Veizi ha negato di aver dato fuoco ad alcune barche, versione che è stata fornita da un coimputato nel corso di una precedente udienza come giustificazione alla reazione violenta degli uomini del Tronchetto. E ha negato anche di essersi mai occupato di spaccio di droga e sfruttamento della prostituzione, rispondendo con numerosi «non ricordo» ai quesiti rivolti dalla pubblica accusa.
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Il Gazzettino