VENEZIA - Chiediamo al Comune di poter avere una nuova moschea degna di questo nome. Un luogo di culto che sia adeguato alle 25 mila persone di fede mussulmana che risiedono in...
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Un'iniziativa nata come eredità del celebre incontro tra gli esponenti delle varie religioni che il 27 ottobre 1986 San Giovanni Paolo II guidò ad Assisi e che vide il Papa chiedere ai cristiani di condividere un giorno di digiuno durante il Ramadan come segno di vicinanza ai mussulmani. Nell'occasione sarà rilanciato anche in città l'appello predisposto dal Comitato nazionale sul tema I luoghi di culto: centri di convivenza che avvicinano i cuori. A Marghera c'è già una moschea ufficiale, in via Monzani nella zona dei centri commerciali, ma Aliovski annuncia: «Ancora un anno e mezzo fa abbiamo acquistato un nuovo capannone non distante da là, in via Lazzarini, pagandolo 250 mila euro. Vorremmo sapere dal Comune se lo possiamo riconvertire in luogo di preghiera. Ci serve uno spazio migliore, più adatto alla nostra comunità, inoltre non possiamo più permetterci di pagare 3 mila euro al mese di affitto per quello di via Monzani».
LIBERTÀ RELIGIOSANell'appello si legge: «Vogliamo quindi riaffermare che l'esercizio della libertà religiosa garantita dalla nostra Costituzione non può essere subordinata alle norme urbanistiche, né può essere soggetta a referendum popolari che approvino o meno la costituzione di nuovi luoghi di culto, perché la libertà religiosa è un diritto inviolabile di ogni essere umano riconosciuto a livello internazionale».
I LUOGHI DI CULTO CHIUSIUna dichiarazione standard che viene veicolata in tutta Italia, ma che in città richiama i recenti fatti di via Fogazzaro e via Mestrina dove due moschee di fatto sono state chiuse dal Comune in quanto i locali dove erano state ricavate non avevano quella destinazione d'uso.
«Noi preghiamo cinque volte al giorno sottolinea Sadmir Aliovski Sono d'accordo che non bisogna disturbare i condomini con il via vai delle persone o con preghiere a voce alta, ma allo stesso modo credo che si potrebbero benissimo usare edifici abbandonati nella prima periferia anche se le regole urbanistiche non lo consentono. La nostra presenza potrebbe rivitalizzare i luoghi». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino