TREVISO - «Mi scusi ma il computer si è bloccato. Intanto firmi il modulo, che poi lo compiliamo con calma». C'era anche la scusa del software impantanato...
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IL TRUCCOMa a raccontare quello che succedeva davvero è un ex dipendente della filiale Veneto Banca di Verbania, indagato dalla locale Procura con l'accusa di truffa ai danni di decine se non centinaia di risparmiatori e la cui ricostruzione viene ora confermata anche dagli avvocati che hanno presentato le migliaia di denunce per truffa e estorsione di cui si occupa la Procura di Treviso. Agli inquirenti piemontesi l'uomo ha raccontato che aggirare i blocchi della procedura computerizzata per la profilazione del rischio da cui dovrebbe scattare la luce verde per procedere al collocamento azionario era quasi un gioco da ragazzi: bastava scambiare i documenti da far firmare, sostituendo quelli della procedura di consulenza con i cosiddetti modelli execute only, in cui il cliente dichiara di essere a conoscenza dei rischi e si assume la piena responsabilità dell'investimento. Un trucco che non sarebbe stato confezionato nelle filiali: si sarebbe trattato invece di una direttiva impartita dalla sede centrale di Montebelluna.
GOLA PROFONDAEÈ una versione dei fatti che coincide con quella fatta agli investigatori dal super testimone trevigiano, l'ex dipendente con compiti di funzionario che ha documentato come tutte le disposizioni su come vendere a tutti i costi sarebbe arrivato direttamente dai vertici di Veneto Banca attraverso i capi area, secondo una catena di comando confermata dalle mail arrivate nelle filiali e in cui si sosteneva che piazzare le azioni era, per la banca, una questione di vita o di morte. «Lo schema è quello di sempre - incalza l'avvocato Luigi Fadalti - già utilizzato anche in altri scandali finanziari come quello Parmalat: affibbiare a persone semplici un profilo da esperto trader finanziario».
Denis Barea Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino