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BORGO VALBELLUNA - Ha scelto il palcoscenico di un convegno su Dino Buzzati e Tina Merlin per dire che la giornalista di Trichiana, l'unica che mise in guardia tutti, inascoltata, prima della tragedia del Vajont, aveva una fonte di informazione molto importante interna alla Sade, la società che stava costruendo diga e centrale idroelettrica, e che quella fonte era Mario Pancini, l'ingegnere che dirigeva il cantiere. In pratica il numero 2 dell'azienda per quel gigantesco progetto dopo Alberico Biadene. Adriana Lotto, presidente dell'associazione Tina Merlin, non lo ha dato come una certezza al cento per cento, ma con un alto grado di probabilità, dopo aver escluso una precedente ipotesi, ossia un geologo che collaborava con la Sade. Quello che sta emergendo, quindi, è che la giornalista che mise in luce le criticità del progetto Vajont non parlava soltanto con la popolazione, preoccupata dalla frana del monte Toc, ma grazie a Pancini conosceva dall'interno tempistiche e meccanismi decisionali della Sade, oltre a dettagli del progetto: i suoi non erano soltanto articoli di denuncia, erano articoli di denuncia che avevano un fondamento concreto, perché basati su informazioni provenienti dall'interno dell'azienda responsabile del progetto.
LE TRAGEDIE
Dopo 60 anni è emerso, insomma, un particolare non certo trascurabile della tragedia del Vajont. E un particolare che riguarda una persona che, a sua volta, ebbe un destino tragico: Pancini si tolse infatti la vita alla vigilia dell'inizio del processo dell'Aquila, il 24 novembre del 1968.
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Il Gazzettino