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BELLUNO - Dopo ogni crisi o disastro naturale, il territorio si rialza e cresce. Era successo dopo la tragedia del Vajont, con la grande industria e gli esperti dicono che succederà anche nel post pandemia. Non è accaduto dopo Vaia. Anzi, paradossalmente, quella tempesta, che ha messo in ginocchio il territorio a fine ottobre 2018, si è abbattuta anche sulle segherie bellunesi e sul settore del legno. Nel post-Vaia delle 13 imprese, 2 sono state messe in liquidazione e 4 sono in crisi. E tutte le aziende bellunesi che necessitano della materia prima legno dipendono dall’estero. Insomma Vaia per “l’oro verde”, vera risorsa della provincia, è stata un’occasione persa. È emerso ieri nel convegno dal titolo “Il mercato del legno”, organizzato dal Centro Consorzi di Sedico, scuola del legno, che ha visto relatori d’eccezione. Si è parlato dell’aumento dei prezzi e della difficoltà di reperimento del tondame e dei semilavorati in legno. E il direttore del Centro consorzi, Michele Talo, ha presentato un’indagine realizzata su 36 imprese appartenenti a tutta la filiera, dai lavori boschivi fino al falegname, metà delle quali bellunesi.
L’ALLARME
Il professore Davide Pettenella dell’Università degli Studi di Padova ha riportato le elaborazioni effettuate sulla base della banca dati “Aida” sulle 13 aziende di lavorazione del legno e i loro dati di fatturato. Ha mostrato quindi gli effetti di Vaia sulle segherie in provincia, che hanno bilanci registrati nel Bellunese. «Di queste 13 imprese - ha spiegato il professore - con dati aggiornati alla settimana scorsa, due sono in liquidazione, 2 non presentavano dati, solo 4 sono caratterizzate da una dinamica di crescita nel post Vaia Infine ben 5 sono in forte crisi». Pochi decenni fa le segherie in provincia erano una settantina, con Vaia si sarebbe potuto invertire il trend delle chiusure. Ma non è andata così. «È evidente - ha detto Pettenella - che il settore del bellunese non ha tratto vantaggi dalla disponibilità di materia prima che c’è stata con gli schianti». «Il Veneto è la regione più in ritardo - ha proseguito - non tanto nella vendita di lotti schiantati, ma nella loro utilizzazione. Parliamo di 750mila metri cubi e i livelli di lavorazione del materiale in produzione pre-Vaia erano intorno ai 200mila metri cubi». E intanto i prezzi salgono. «Siamo di nuovo a valore pre Vaia», ha detto il professore. «Siamo in un momento particolare, di svolta - ha proseguito -: si sta approvando la “strategia forestale dell’UE” e a livello regionale siamo usciti dall’emergenza Vaia. Viviamo in una condizione organizzativa più stabile. A breve la Camera di Commercio avvierà un osservatorio del legname».
OCCASIONE PERSA
Giustino Mezzalira di Veneto Agricoltura ha parlato delle prospettive della filiera del legno in Veneto alla luce del prossimo Piano 2021-2027. «Tra poche settimane verrà pubblicato primo rapporto su legno e foreste della nostra regione - ha anticipato - che finalmente ci dirà quali sono i numeri.
GLI INTERROGATIVI
Alla fine le domande sono rimaste sul tavolo: la materia prima legno ovviamente c’è in provincia. «Dobbiamo chiederci il perché non sia sfruttato questo giacimento, perché non riusciamo a trasformare questa materia prima in valore?». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino