Una task force contro il batterio Chimaera, che potrebbe aver causato infezioni potenzialmente letali nelle persone operate al cuore. L’Usl della Marca l’ha messa in...
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Come dettato dalla Regione, i pazienti riceveranno una lettera informativa riguardante i possibili rischi di infezione. “Ne invieremo 300 a settimana a partire da chi è stato operato nel 2010”, rivela Sandro Cinquetti, responsabile dell’Igiene pubblica. Serviranno quasi due mesi. Il batterio ha una crescita lentissima: fino a 5 anni dal momento in cui entra nell’organismo. I sintomi vanno dalla febbre persistente, apparentemente senza motivo, alla perdita di peso inspiegabile, fino alla tosse, sudorazione notturna intensa, stanchezza, dolori, nausea e vomito. “Sono due le opzioni previste – specificano dall’Usl – chi non ha alcun sintomo non deve effettuare accertamenti. Per chi invece presenta uno o più disturbi sarà disponibile un numero telefonico dedicato gestito da esperti che stabiliranno l’eventuale percorso di approfondimento”. L’Usl si era già mossa. Dopo l’esplosione dell’allarme Chimaera è stato aperto un ambulatorio specifico, gestito dalle unità di Malattie infettive e Microbiologia, che è già stato contattato da 500 persone operate al cuore tra il 2010 e il 2017. “E’ stata la prima fase – fa il punto Cinquetti – ora iniziamo la seconda avvisando direttamente tutti i pazienti operati a Treviso nel periodo preso in esame, quelli residenti nel trevigiano così come quelli fuori provincia. Se ci sono dei sintomi è opportuno fare le indagini”. Tra le 500 persone che hanno già contattato l’ambulatorio sono emersi sei casi sospetti. Gli accertamenti sono in corso. I tempi sono lunghi. L’emocoltura necessaria per evidenziare l’infezione dura tra i 40 e i 50 giorni. “Fino a questo momento tutti gli esami hanno dato esito negativo – assicura Roberto Rigoli, direttore della Microbiologia – dopo l’emocoltura servono altre due settimane per l’identificazione del micobatterio. Ma stiamo sperimentando nuove tecniche che utilizzano la proteomica che ci permettono ci accorciare drasticamente i tempi di questa fase, riducendola a uno o due giorni”. In Veneto ad oggi sono state registrate 18 infezioni da Chimaera, che hanno causato sei morti. C’è stata una vittima trevigiana: Gianni De Lorenzi, ex assessore di Nervesa, operato al cuore al Ca’ Foncello nel 2015 e scomparso un anno fa a causa dell’infezione scoperta sei mesi prima. All’inizio di febbraio è emerso un altro caso sospetto: Franco Costa, 76enne veneziano residente a Lamon (Belluno), morto a Feltre per un’endocardite su una valvola aortica artificiale dopo essere stato operato al cuore lo scorso ottobre al Ca’ Foncello. Il 76enne, però, non è stato operato nel periodo considerato a rischio. Per questo si tende a escludere l’ipotesi Chimaera. Oggi, garantiscono dall’Usl della Marca, il problema non esiste più. Le sale operatorie sono sicure. I macchinari per la circolazione extracorporea sono stati isolati in scafandri sottovuoto, rendendo praticamente impossibile la nebulizzazione attraverso la quale si trasmette il batterio. E a metà dicembre sono stati definitivamente spostati all’esterno delle sale operatorie. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino