Veneto Banca. L'operaio "ricco": persi 100mila euro, in conto ne aveva 600mila

Don Torta con Marin Haralambie
MONTEBELLUNA (TREVISO) - Se lo strano caso dell'azionista derubato ma non impoverito fosse un film, comincerebbe con un flashback. È la mattina di sabato 19 dicembre...

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MONTEBELLUNA (TREVISO) - Se lo strano caso dell'azionista derubato ma non impoverito fosse un film, comincerebbe con un flashback. È la mattina di sabato 19 dicembre 2015, a Villa Gasparini Loredan di Venegazzù, assemblea di Veneto Banca per l'aumento di capitale, la trasformazione in Spa e l'ingresso in Borsa. Parlano in settanta e fra loro c'è Marin Haralambie, romeno di nascita e padovano (Ponte San Nicolò) di adozione, che arriva al microfono con le stampelle e grida al palco la sua delusione: «Sono venuto qui con regolare permesso di soggiorno. Ho rispettato l' articolo della Costituzione secondo cui l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. Ho lavorato cinque anni, poi sono caduto da un'impalcatura di nove metri e sono diventato invalido. Tutto quello che ho guadagnato prima dell'infortunio e anche la somma dell'assicurazione li ho investiti in azioni. Ora ho perso tutto». La platea si commuove, apprendendo che pure sua figlia ha perduto il proprio gruzzolo, messo da parte facendo la badante durante le vacanze scolastiche.




Passano esattamente due anni e Haralambie è di nuovo in scena. Solo che non siamo al cinema, questa è la cronaca di una protesta, che va avanti giorno e notte dalla vigilia di Natale in centro a Montebelluna. È qui che la Peugeot grigia del 59enne giace di traverso all'ingresso della storica sede, su cui ora campeggia l'insegna di Banca Intesa. Haralambie glissa sugli importi, in parte accreditati sul conto corrente ed in parte trasferiti in patria. L'avvocato Andrea Arman, presidente del Coordinamento Don Torta, si schiera al suo fianco: «Ho letto che Marin ha dichiarato di aver ottenuto dall'assicurazione 600.000 euro, ma questo non cambia nulla. Un furto è sempre un furto, indipendentemente dal fatto che la vittima sia un ricco o un povero. Tutto il resto è demagogia». Per il sindaco Marzio Favero, invece, c'è una netta differenza: «Se quello che leggo corrispondesse al vero, si porrebbe un grande interrogativo di coscienza, nel supportare una protesta tanto eclatante»...

 

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Il Gazzettino