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PORDENONE - Si apre uno spiraglio per le vittime della Venice Investment Group. Un'istanza che può considerarsi pilota, depositata ieri dall'avvocato Carlotta Campeis, sollecita il Gup che in primo grado ha disposto la confisca dei beni dell'ex trader portogruarese Fabio Gaiatto, condannato definitivamente a 10 anni di reclusione, a verificare i crediti, le risorse entrate nelle casse dell'Agenzia del demanio e a ripartirle tra i creditori. «La riforma Cartabia - spiega il legale udinese - scioglie ogni dubbio interpretativo. Ha eliminato la stortura del sistema che vedeva la parte offesa e danneggiata da reato soccombere di fronte alla confisca "antimafia". Ora restano espressamente salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno in caso di sequestro preventivo e confisca».
La sentenza
In Appello la sentenza di primo grado era stata confermata per le parti civili: restituzione nella misura del 100% delle somme investite, a cui va aggiunto un 30% calcolato sull'entità dell'investimento e una provvisionale immediatamente esecutiva. Nel caso dell'avvocato Campeis la somma da esigere è di circa 120mila euro.
I beni aggredibili
Per effetto del reato di antiriciclaggio contestato a Gaiatto - oltre all'associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata, abusivismo finanziario e bancario - i beni sono stati confiscati a favore dello Stato. Nel 2018, quando il portogruarese è stato sottoposto a misura cautelare in carcere, il gip Rodolfo Piccin aveva disposto che fossero bloccati beni fino a un importo di 43.692.411 euro (su 72.369.872 raccolti per gli investimenti, ne sono stati restituiti 28.947.461). A questa somma vanno aggiungi 3,7 milioni (immobili acquistati con i proventi dell'autoriciclaggio) e gli affitti incassati. La Guardia di finanza ha messo i sigilli ad abitazioni da 315mila euro a Lignano Riviera, appartamenti a Piancavallo e Lignano, case ed ex negozi tra Cordovado, Portogruaro, Jesolo, Pramaggiore, San Michele al Tagliamento e poi al vecchio mulino di Pieve di Soligo (700mila euro il valore) che doveva essere trasformato nella Banca dei dogi. L'Agenzia del demanio ha già cominciato a far cassa, perché terreni e casolari acquistati in Croazia e destinati a diventare un villaggio turistico sono già andati all'asta. Il ricavato, secondo quanto stabilito da una convenzione, è stato spartito tra Italia e Croazia. Venduto anche un appartamento a Lignano, per il quale era pendente una causa civile. La parte destinata al creditore era cedibile, il resto è andato allo Stato. L'Agenzia del demanio, inoltre, aveva indetto gare per terreni a Fossalta e uno studio a Portogruaro.
La buona fede
Secondo l'avvocato Campeis, le confische di beni e di cambiali di diritto croato emesse a beneficio di Venice vanno a beneficio di chi ha investito in buona fede. «La mia assistita - osserva - non avendo in alcun modo partecipato alle ipotesi di truffa contestate all'imputato, ha titolo per ottenere il riconoscimento della sua qualifica e il suo credito non può essere pregiudicato dalla confisca. Non gioca più un ruolo l'Agenzia, come sottolineato dall'Ufficio del Massimario della Cassazione. Nessun rimprovero, dunque, può esserle mosso, né vi sono ragioni per pregiudicare il suo diritto di credito».
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Il Gazzettino