Hanno massacrato le mogli: dopo sei anni vogliono uscire dal carcere

Gianangela Gigliotti, massacrata a colpi d'accetta: si è salvata fingendosi morta, ora è invalida
TREVISO - Sei anni di carcere possono  bastare, se si è tentato di uccidere la compagna. Non lo dice per ora alcun magistrato, ma è quello che pensano due...

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TREVISO - Sei anni di carcere possono  bastare, se si è tentato di uccidere la compagna. Non lo dice per ora alcun magistrato, ma è quello che pensano due trevigiani: Andrea Loro, 40 anni di Loria, e Stefano Rizzo, 59 anni di Mareno di Piave, in carcere dal 2013, che hanno chiesto di poter usufruire della semilibertà. Loro aveva fatto perdere i sensi alla moglie, Matilde Ardia, stringendole il collo, l'aveva caricata in auto e aveva simulato un incidente stradale dando fuoco all'auto; fortunatamente la donna aveva ripreso i sensi in tempo per evitare di essere bruciata. Rizzo, invece, si era presentato a casa della compagna, Gianangela Gigliotti, che abitava a Conegliano, e l'aveva ripetutamente colpita con un'accetta, mozzandole alla fine anche le dita. Per cercare di salvarsi ed evitare di essere uccisa dalla rabbia dell'uomo, la Gigliotti (che ora vive in sedia a rotelle) si era finta morta. Era stata soccorsa e i medici erano riusciti a salvarla.


 
LE RICHIESTE
Entrambi i detenuti hanno scontato più di metà della pena (erano stati condannati a 13 e 11 anni), in carcere si sono comportati bene e quindi hanno tutte le caratteristiche richieste dalla legge italiana per poter usufruire di quella semilibertà che permetterebbe loro di lavorare di giorno in strutture esterne per tornare in carcere soltanto per dormire la notte. Per ottenere quel beneficio, Loro ha prodotto anche la frequenza a un corso di rieducazione per uomini violenti, che da quattro anni si tiene a Montebelluna ed è organizzato da un'associazione guidata dall'assessore Antonio Romeo.
I FATTI
I due fatti erano avvenuti a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro: il primo il 17 gennaio 2013 a Loria, il secondo a fine luglio a Conegliano. I rapporti fra la Loro e la moglie, Matilde Ardia, erano tesi da settimane. La sera del tentato omicidio la rabbia dell'uomo era scattata per una causa banale: era tornato dal lavoro e non aveva trovato una camicia lavata e stirata. Convinto di aver strangolato la moglie e di averla uccisa, era uscito in auto con lei, aveva finto un incidente. Un'uscita di strada che gli sarebbe dovuta servire anche come alibi nel caso in cui qualcuno avesse sospettato di lui. Ma la moglie alla fine era riuscita a salvarsi in extremis e aveva potuto raccontare tutta la verità su quel marito violento che voleva assassinarla. Sei mesi più tardi è il turno di Rizzo: prende un'accetta e si presenta a casa di Gianangela, la donna che per anni è stata la sua compagna e che, nella sua mente, gli impedisce di rifarsi una vita. La colpisce ripetutamente alla testa e alla schiena. Lei cade a terra, finge di essere morta e lui, come ultimo sfregio, le mozza le dita. Anche Gianangela, come Matilde, riuscirà a sopravvivere. Ma le lesioni subite la renderanno invalida. Dopo la feroce aggressione, l'uomo si dà alla fuga e simula un suicidio: getta la vettura in un canale di Cortellazzo, profondo 11 metri. Un gesto che non depista gli investigatori: quattro giorni dopo Rizzo sarà arrestato.
I PERMESSI

Nel corso degli ultimi mesi, sia Loro sia Rizzo hanno beneficiato di permessi, ma le decisioni del magistrato di sorveglianza di concedere ai due detenuti la possibilità di trascorrere qualche ora a casa, hanno sollevato molte polemiche. Soprattutto perché nessuno ha mai avvisato Matilde e Gianangela. Non per uno sgarbo alle donne ma perché è la legge che prevede che loro rimangano all'oscuro di tutto. Stavolta a decidere non sarà un solo magistrato come accade, ad esempio, con i permessi premio. Sarà un tribunale composto da due giudici togati e da due specialisti (un medico e uno psicologo). Ci sarà un'udienza con i difensori del detenuto che spiegheranno le loro ragioni e il procuratore generale che darà il suo parere. Anche in questo caso, però, le vittime non ci saranno e non ci sarà nessuno che le rappresenterà.
R. T.
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Il Gazzettino