"Io e Rachele": il gigante friulano ha salvato la bimba

"Io e Rachele": il gigante friulano ha salvato la bimba
UDINE - Chissà se un giorno Rachele, quando sarà una ragazza, si ricorderà del terremoto, della neve che ha sommerso la sua città, del suo primo volo...

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UDINE - Chissà se un giorno Rachele, quando sarà una ragazza, si ricorderà del terremoto, della neve che ha sommerso la sua città, del suo primo volo in elicottero e di quel gigante buono che l'ha «caricata» sulle sue spalle e le ha permesso di guardare il mondo dall'alto facendole dimenticare la paura e il freddo e trasformando quella disavventura in un gioco. Lei, una bimba di 5 anni di Valle Castellana, in provincia di Teramo, è stata costretta ad abbandonare il suo paese perché era rimasto isolato per via delle abbondanti nevicate e a raggiungere Ascoli Piceno con un CH47 dell'Esercito. Ed è proprio nel tragitto verso l'elicottero che l'ha accompagnata un alpino che, con estrema dolcezza, l'ha tranquillizzata e le ha strappato un sorriso. Poi i due si sono persi di vista e la famiglia di Rachele avrebbe voluto rintracciarlo per ringraziarlo.


É grazie ai social network se si sono ritrovati in quanto la foto della bimba sulle spalle del militare è diventata virale e qualcuno lo ha ricosciuto. Il primo caporal maggiore Mattia Popesso, 25 anni, friulano, è un alpino dell'ottavo reggimento di Venzone.



Un breve trascorso nel nono reggimento Col Moschin, un'esperienza in Afghanistan nel 2013, in questi giorni è impegnato in Abruzzo a sostegno delle popolazioni colpite dall'emergenza maltempo. La sua immagine con Rachele sulle spalle è stata condivisa da decine di migliaia di persone su Facebook. Cosa ricorda di quel giorno?
«Sono arrivato in zona la notte di giovedì e venerdì mattina eravamo già operativi. Sabato mattina abbiamo organizzato l'evacuazione di un gruppo di 23 persone da Valle Castellana ad Ascoli Piceno. Io e i miei colleghi, muniti di sci, abbiamo spianato una piccola strada per far passare la gente che doveva raggiungere il campo sportivo di Prevenisco. A loro abbiamo dato delle ciaspole perchè ci potessero seguire. Ho subito visto che c'era una bambina. Ho notato che era molto spaventata e mi sono avvicinato a lei. Le ho raccontato che la mia compagna ha un bambino della sua età e poi le ho chiesto dell'asilo e dei regali che le aveva portato Babbo Natale. Aveva le scarpine bagnate per via della neve e aveva le mani gelate. Allora le ho fatto indossare i miei guanti. L'ho sollevata e me la sono messa sulle spalle. Le ho dato della cioccolata e ho continuato a chiacchierare con lei. Mi parlava dei suoi giochi, della scuola. Poi, lungo i due chilometri di percorso, mi sono accorto che si era addormentata abbracciata al mio elmetto da sci. Appena arrivati a destinazione l'ho fatta salire sull'elicottero e, non appena il CH47 è decollato, sono tornato al lavoro in quanto c'erano altre persone da raggiunge al paese isolato».

So che è riuscito a parlare con la famiglia di Rachele dopo che hanno raggiunto Ascoli Piceno. Cosa vi siete detti?
«Dopo che è stata pubblicata la foto alcuni miei amici mi hanno riconosciuto dagli sci e allora ho confermato che ero io quell'alpino assieme alla piccola. La mamma mi ha ringraziato per quello che avevo fatto per la bambina. Ho fatto solo il mio dovere che è quello di portare sostegno, aiuto e anche conforto psicologico alle persone che sono in difficoltà».

Qual è lo scenario che vi si è presentato in questi giorni quando siete stati nelle zone dell'emergenza neve, mentre arrivano le notizie drammatiche della valanga assassina di Rigopiano?

«Io sono istruttore di sci e di alpinismo e, come gli altri sette componenti del mio team, sono addestrato ad operare in territori e aree disagiate. Abbiamo dovuto raggiungere case rimaste isolate sotto 4 metri di neve nelle quali si trovavano anziani soli e disabili. In alcuni casi si è reso necessaria anche la loro evacuazione con delle barelle che abbiamo trainato con gli sci. Per due notti abbiamo dormito nella scuola di Valle Castellana e la popolazione locale ci ha offerto brandine e coperte. Siamo addestrati a scavare nella neve anche per 12 ore, senza mangiare. Dietro ci sono mesi di addestramento. Alla base di tutto c'è il nostro grande amore per la montagna». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino